Microimprese: pilastro dell’economia italiana

di Edoardo Musicò

Pubblicato 27 Marzo 2012
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:39

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Le microimprese sono un pilastro dell'economia italiana, come ha confermato la Commissione europea nel corso della “European SME week” dedicata alle piccole e medie imprese: in 5 anni, tra il 2006 e il 2011, le piccolissime aziende con meno di dieci addetti hanno incrementato i posti di lavoro del 6,55%.
In Italia rappresentano addirittura il 94,9% delle imprese attive, che occupano il 46,7% della forza lavoro e funzionano come un ammortizzatore sociale per molte famiglie, perché tutelano meglio le risorse umane rispetto alle grandi aziende.

Non è un caso che, nel 2009, anno di massima esplosione della crisi mondiale, le microimprese abbiano limitato la perdita di occupati all'1%, rispetto ad una contrazione più che doppia, registrata dall'intero sistema imprenditoriale.

I dati congiunturali 2011 del Centro studi Confartigianato Vicenza sono stati negativi per il settore artigiano e le prospettive per il 2012 non sono rosee.
Agostino Bonomo, presidente Confartigianato Vicenza, conferma che anche il Nord Est ha subito conseguenze pesanti. L'artigianato vicentino, ad esempio, ha avuto una ripresa nel primo semestre 2011, vanificata in gran parte dalla contrazione avvenuta tra giugno e dicembre.
Il 40% delle aziende del settore ha quindi sofferto il calo del fatturato, il 28% ha diminuito le esportazioni e il 41% ha ridotto gli investimenti. Unica nota positiva è la discreta tenuta dell'occupazione.

Secondo i dati di fine gennaio 2012, solo il 13% delle aziende ha licenziato, mentre il dieci per cento delle microimprese sta ancora assumendo.
Ma per l'81% degli artigiani le tasse sono troppo alte, la burocrazia è complicatissima e mancano iniziative efficaci per dare ossigeno ai mercati.

Senza contare che il 48% delle aziende è sempre alle prese con i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione. Il 2012 prevede riduzioni di fatturato e investimenti, mentre l'occupazione è a rischio, anche se si pensa a nuovi licenziamenti solo come soluzione estrema.

Gli artigiani hanno quindi rivolto ai comuni la richiesta di non calcare la mano con l'IMU, dato che la revisione delle rendite catastali e il nuovo moltiplicatore costerà  almeno il 70% in più della vecchia ICI. La soluzione proposta è l'allineamento della nuova IMU al'ICI per chi apre un'azienda mentre, per le imprese già  attive, Confartigianato Vicenza chiede un tavolo di coordinamento fra associazioni di categoria e Comuni.