La riforma del lavoro sta focalizzando l’attenzione sulla questione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: la sua abrogazione assegnerebbe agli imprenditori maggiore potere contrattuale poiché permetterebbe alle imprese con più di 15 dipendenti che versano in gravi condizioni di licenziare senza giusta causa anche i lavoratori con contratto a tempo indeterminato.
I poteri dell'imprenditore nei confronti dei lavoratori dipendenti, tuttavia, vanno ben oltre l'articolo 18. Vediamo di cosa si tratta.
Per la verità non serve l'abrogazione dell'articolo 18 per permettere agli imprenditori di esercitare il proprio potere nei confronti del personale dipendente poiché l'attuale normativa fornisce specifiche disposizioni in termini di procedure e di sanzioni al fine di reagire agli inadempimenti dei lavoratori subordinati e imporre loro l'osservanza delle regole lavorative. In particolare ci riferiamo agli articoli 2104 e 2105 del codice civile. Si tratta, in pratica, dell'obbligo di diligenza e di fedeltà del prestatore di lavoro.
Il lavoratore dipendente deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta. In ogni caso è tenuto a fare l'interesse dell'impresa osservando le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina impartite dall'imprenditore o dai collaboratori cui il lavoratore dipende.
L'obbligo di fedeltà , invece, stabilisce che il lavoratore non possa trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa.
Ai citati articoli fa seguito uno specifico potere punitivo attribuito dalla legge all'articolo 2106 del codice civile ossia la possibilità di applicare sanzioni disciplinari nel caso in cui il lavoratore non osservi le disposizioni. Il potere disciplinare del datore di lavoro si estende anche di fronte a comportamenti penalmente rilevanti quali furto, appropriazione indebita, percosse, ingiurie, calunnie, truffa o minacce. In tal senso si fa strada il potere sanzionatorio che costituisce uno degli aspetti più ampi del potere direttivo del datore di lavoro.
Attenzione, però, perché il potere sanzionatorio è vietato in tutti i casi in cui il fine ultimo è quello di avviare un'azione discriminatoria come ad esempio per motivi politici, sindacali, religiosi, razziali o di orientamento sessuale.