Una tra le norme più contestate della manovra finanziaria è certamente l’articolo 8, in materia di derogabilità dei contratti aziendali. In particolare, si dispone che i contratti aziendali o territoriali possano realizzare intese, con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati, finalizzate a: maggiore occupazione, qualità dei contratti di lavoro, adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, emersione del lavoro irregolare, investimenti e avvio di nuove attività .
Queste specifiche intese possono riguardare: impianti audiovisivi e introduzione di nuove tecnologie; mansioni del lavoratore, classificazione e inquadramento del personale; contratti a termine, contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, regime della solidarietà negli appalti e casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; disciplina dell’orario di lavoro; modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro.
Esclusi: licenziamento discriminatorio, licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza, licenziamento causato da domanda o fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed licenziamento in caso di adozione o affidamento.
L’accordo può essere fatto in deroga alle norme di fonte pubblica o contrattuale, fermo restando il rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.
Si stabilisce, infine, poi che tutti i contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, siano efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto si riferisce.