La manovra finanziaria ha introdotto nell’ordinamento italiano il “delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro“, la cui fattispecie è rappresentata dallo svolgimento di «un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori».
Per il reato si prevede la reclusione da cinque a otto anni e la multa da mille a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Lo sfruttamento deve essere valutato in forza di alcuni criteri: la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.
In più, la fattispecie comporta anche pene accessorie: l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti; l’esclusione per un periodo di due anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, e dell’Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento.