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Vuoi una pensione più alta? Fattura di più

di Roberto Grementieri

Pubblicato 15 Settembre 2011
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:39

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Fatturare aiuta i professionisti a farsi una pensione più pesante: se cresce il volume d’affari, infatti, lievita pure una parte dei contributi destinati alla previdenza e, quindi, il futuro assegno di pensione. A maggior ragione con l’aumento della misura del contributo integrativo, strada praticabile dalle casse dopo l’entrata in vigore della legge n. 133/2011. Per i professionisti il beneficio è doppio: l’aumento della pensione è finanziato da un contributo pagato per intero in fattura dal cliente/committente.

La legge n. 133/2011 ha previsto la possibilità , per le casse, di elevare il contributo integrativo dall’attuale 2% al 5% del fatturato lordo. Dopo la legge n. 335/1995, questi enti di previdenza sono suddivisi in due categorie: casse privatizzate con disciplina dettata dal dlgs n. 509/1994 (avvocati; commercialisti e ragionieri; geometri; notati; architetti e ingegneri; consulenti lavoro; farmacisti; medici; veterinari; giornalisti; rappresentati commercio; impiegati agricoltura; spedizionieri e agenzie marittime; Onaosi) e casse private con disciplina dettata dal dlgs n. 103/1996 (psicologi; periti industriali; infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia; biologi; agronomi forestali, attuari, chimici e geologi).

Tutte le casse chiedono ai professionisti di pagare una contribuzione organizzata in due prelievi: contributo soggettivo, in genere determinato in misura percentuale sul reddito professionale prodotto dal professionista e da questi integralmente dovuto; e contributo integrativo, in genere calcolato in misura percentuale del volume d’affari e esposto in parcella così da restare a carico dei clienti/committenti.

Il comune denominatore della riforma sta in un dato: il fatturato, ossia il volume d’affari conseguito e dichiarato dai professionisti ai fini dell’Iva. Questo perché il contributo integrativo si calcola sullo stesso imponibile dell’Iva e, come l’Iva, resta a pieno carico di chi usufruisce delle prestazioni: il cliente/committente.

Diventa ovvio, allora, che più alto è il fatturato più consistente sarà  la contribuzione aggiuntiva integrativa e, quindi, il montante finale che calcola la pensione; come pure che a carriere più sostenute (cioè con una crescita del fatturato significante nel tempo) corrisponderanno interessanti miglioramenti del «montante» contributivo e, dunque, dell’assegno di pensione.