Dipendente in malattia che lavora altrove rischia licenziamento

di Roberto Grementieri

Pubblicato 17 Gennaio 2011
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:40

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Secondo la sentenza della Cassazione del 28 ottobre 2010, n. 22029, la ratio che giustifica il licenziamento in caso di svolgimento di altra attività  lavorativa da parte del dipendente durante il periodo di malattia va ravvisata nella violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà .
Oltre che nell’ipotesi in cui tale attività  esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività  possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio.

Nella vicenda esaminata dalla Suprema corte, un lavoratore conveniva in giudizio la società  datrice di lavoro per ottenere l’annullamento del licenziamento. La società , infatti, gli aveva contestato di aver svolto attività  lavorativa esterna all’azienda, nel periodo in cui risultava assente dal lavoro.

Il Tribunale adito riteneva il licenziamento legittimo. La sentenza veniva confermata in appello.

I Giudici di Piazza Cavour hanno precisato che la valutazione in ordine alla compatibilità  dell’attività  svolta con la malattia e all’idoneità  di tale attività  a pregiudicare o ritardare il recupero delle normali energie psico-fisiche, costituisce un accertamento riservato al giudice di merito, non censurabile in sede di ricorso in Cassazione e che discrimina la legittimità  o meno del licenziamento.