La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 10 ottobre 2010, n. 21274 in tema di retribuzione dei lavoratori, ha decretato che la mancata iscrizione del datore di lavoro ad associazioni sindacali non lo esime dall’applicazione della parte economica della contrattazione collettiva, specificamente quella riguardante i minimi retributivi non derogabili.
Sul punto, la Suprema Corte ha richiamato l’art. 36, comma 1, della Costituzione, quale norma precettiva di immediata efficacia anche nei rapporti tra privati, e che garantisce al lavoratore il diritto ad una «retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa».
Secondo giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità , l’entità della retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro deve essere, infatti, individuata nei minimi retributivi stabiliti per ciascuna qualifica dalla contrattazione collettiva. Nè si vede, secondo la Corte, quale potrebbe essere un diverso criterio oggettivo di commisurazione della retribuzione.
In questo senso, ed entro questi limiti, quindi, la Corte di Cassazione affermato che, ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, il datore di lavoro è tenuto a riconoscere la parte economica dei contratti e in particolare quella concernente i minimi retributivi non derogabili pur se non iscritto ad una associazione sindacale, anche se si tratti di una azienda di ridotte dimensioni.