Come disposto dall'art. 172, comma 7, del TUIR le perdite delle società che partecipano all'operazione di fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l'ammontare del rispettivo patrimonio netto, quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell'art. 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa.
Pertanto, il patrimonio netto deve essere ridotto dell'importo di eventuali ricapitalizzazioni posti in essere nei ventiquattro mesi precedenti. In questo modo sarà generato l'effetto che permetterà di neutralizzare i tentativi volti a consentire il recupero delle perdite fiscali.
Il diritto al riporto delle perdite è comunque condizionato dalla permanenza di requisiti economici in modo da poter verificare che la società in perdita non sia depotenziata precedentemente all'operazione di fusione.
E' quanto evidenzia l'Agenzia delle Entrate con la circolare 9E del 9 marzo 2010 confermando che la ratio di tale norma è quella di contrastare la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell'altra. Viene infatti posto un veto al riporto delle perdite qualora non sussistano le condizioni minime di vitalità previste dalla norma.
Tali condizioni, non solo devono essere presenti nel periodo precedente alla fusione, ma devono continuare ad esserlo fino al momento in cui la fusione viene attuata.