Il 2010 è iniziato sotto pessimi auspici per le imprese Hi-Tech che producono terminali elettronici in grado di fungere da memorie di massa. Come ormai tristemente noto, la tecnologia sta per essere “tassata” a causa del decreto del Governo che impone un contributo per ogni prodotto di tipo storage. A pagare il cosiddetto equo compenso saranno le imprese italiane (e a cascata i consumatori finali) mentre a incassare sarà la SIAE, la Società Italiana degli Autori e degli Editori.
Il decreto, firmato lo scorso 30 dicembre dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Sandro Bondi, è chiaro: …ritenuto di dover determinare il compenso per la riproduzione privata ad uso personale… e rilevata l’importanza che, nello sviluppo tecnologico, hanno assunto le così dette memorie, ormai presenti di fatto, in qualsiasi apparato… è stabilita la determinazione del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi.
Fino ad oggi la tassa ha colpito videoregistratori, masterizzatori, cd e dvd vergini. Nel mirino del Fisco adesso finiranno computer, pen-drive, telefonini, decoder e tutti i supporti dotati di memoria. In questo modo la SIAE passerà da un equo compenso di 70 milioni a circa 300 milioni (cifra destinata a crescere visto l’aumento della richiesta di prodotti hi-tech da parte dei consumatori finali).
Gli importi delle tasse sarebbero in linea con quelle stabilite dagli altri Paesi europei. Si va dai 10 centesimi di euro per una pen-drive ai 22 centesimi di euro per ogni ora di registrazione dei cd audio, dai 41 centesimi ogni 4,7 gb per i DVD ai 9,66 euro per un lettore mp3.
Per un cellulare la tassa ammonterà a 90 centesimi mentre per un decoder può arrivare anche a 29 euro.
Inutile dire che i consumatori sono allarmati, a dir poco. Ed anche le aziende non ci stanno, big in primis.
Le associazioni dei consumatori, poi, sono sul piede di guerra, nessuna esclusa.
Giusto per citare qualche dato significativo, Altroconsumo ha già stimato un esborso di 100 euro a famiglia in più.
Tutto fuorché una spinta ai consumi per rilanciare l’economia nel post-crisi, senza contare che il decreto invece di sostenere la tecnologia (pur nascendo con il nobile fine di tutelare il diritto d’autore) finisce per fargli lo sgambetto penalizzando gli investimenti nella produzione tecnologica.