Il Presidente della Repubblica Einaudi una volta dichiarò:
migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli.
Si riferiva allo Stato e alle (piccole) imprese ed al “particolare” tipo di rapporto che, evidentemente, sin dall’epoca esigeva già un aggiustamento. Ne è passato di tempo da questa storica frase eppure, mai come ora risulta (purtroppo) ancora estremamente attuale.
Nelle stime internazionali, infatti, l'Italia risulta, nonostante la presenza nutrita (fino a quando?) di Pmi, uno dei Paesi in cui è più difficile fare impresa, a causa di norme confuse e incerte, di una burocrazia lenta e farraginosa, e di un altissimo livello di tassazione.
La Costituzione dedica poche (ma incisive) parole all'impresa stabilendo, all'articolo 41, che l'iniziativa economica è libera. Ma risulta piuttosto evidente, da diverso tempo, come il principio costituzionale sia stato più volte disatteso. Nei fatti, nel paese che ha letteralmente “inventato” le Pmi, si approvano costantemente provvedimenti che con esse hanno poco a che fare.
Da tempo, la Commissione europea perora la causa del pieno recepimento della nota Comunicazione per la creazione di una corsia preferenziale per la piccola impresa, lo Small Business Act.
La Raccomandazione europea ha prodotto nel nostro Paese un ampio dibattito che, attualmente, sembra essere approdato ad una conclusione costruttiva con la presentazione alla Camera di una Proposta di legge firmata da oltre un centinaio di deputati, di maggioranza e opposizione, sullo Statuto delle Imprese
Obiettivo della proposta, lo sviluppo, sulla base dei princìpi di libertà di iniziativa e sussidiarietà , dei diritti fondamentali delle imprese.
In pratica, il recepimento della Raccomandazione sintetizzata nello Small Business Act.
Una modifica di atteggiamento importante, sottolineata da una terminologia “espansiva” (Offrire, Sostenere, Favorire, Incentivare, Incoraggiare) utilizzata senza riserve per evidenziare il passaggio dal principio del sospetto a quello della fiducia nei confronti delle Pmi.
Obiettivo, riposizionarle al centro delle strategie di sviluppo del Paese, con la previsione di una nutrita serie di strumenti ritenuti idonei a garantire uno sviluppo armonico delle Pmi in alternativa alla solita selezione darwiniana sinora garantita dal sistema italiano.
Sarebbe forse il caso, a maggiore garanzia della libertà di impresa, prevedere uno statuto… speciale?