Le nuove tecnologie, i nuovi media, le tendenze del Web hanno inevitabilmente un’influenza (più o meno consistente a seconda dei casi) sull’ambiente culturale e sociale nel quale viviamo.
Second Life – sebbene ad oggi l’hype sia svanito – continua a riscuotere un notevole successo non solo come strumento video-ludico, ma anche in contesti educativi e formativi.
Al di là delle simulazioni 3D più note (simulatori di volo, business games, simulazioni per eserciti, VR training)esistono tutta una serie di corsi esplicitamente attivati sulla piattaforma di SL per una formazione dedicata a contesti aziendali.
I corsi che si tengono nei noti atenei virtuali (soprattutto ad opera delle università anglofone) presentano – come in tutte le situazioni – dei pro e dei contro: tra i punti positivi, possiamo sicuramente citare la maggiore comodità , la maggiore convenienza, l’ottimizzazione dei tempi e una maggiore interazione con la comunità di riferimento; d’altro canto se pensiamo ai lati negativi possiamo sicuramente considerare il grado (sicuramente maggiore rispetto a dinamiche tradizionali) di competenza di base richiesto, la difficoltà nel mantenere livelli attentivi e di concentrazione e la minore confidenza che alcuni possono avere con il mezzo utilizzato.
Muoversi in contesti del genere non è semplice: accanto a forti spinte spesso entusiastiche si affiancano resistenze più culturali che tecnologiche.
Come sempre, penso personalmente, che lo strumento migliore sia quello adatto al proprio contesto, agli attori coinvolti e – soprattutto – agli obiettivi che intendiamo raggiungere: quello che ci permette di integrare diverse idee e di raggiungere con maggiore efficacia (ed efficienza) il nostro scopo. Come già evidenziato parlando della formazione attraverso il gioco – la soluzione più utile potrebbe essere quella di adottare modalità blended.
Qualcuno dei lettori ha esperienze (positive o meno) di formazione di questo tipo?
A voi la parola.