Il risparmio energetico è un fattore strategico con cui le imprese si devono confrontare per rimanere competitive sui mercati.
In Italia, i costi legati all'approvvigionamento di energia elettrica costituiscono la spesa preponderante soprattutto per le Pmi e le piccole imprese, per le quali si stima che superi la metà dei costi complessivamente sostenuti.
La composizione degli approvvigionamenti energetici, nel nostro paese, è condizionata per l'80% da fonti fossili, e ci lega in modo particolare all'andamento del prezzo del petrolio.
Anche se il prezzo del petrolio è sceso sensibilmente sino al livello attuale – e benché siano state annunciate riduzioni delle tariffe legate alla fornitura di energia elettrica – la situazione, tanto per conservare una visione ottimistica, presenta ancora “ampi margini di miglioramento”.
La Commissione Industria del Senato ha avviato una indagine conoscitiva sull'argomento da cui emergono indicazioni interessanti soprattutto per i risvolti sulle Pmi (ribadiamo la visione ottimistica).
Anzitutto il prezzo dell'energia elettrica ha seguito il calo del costo petrolio con sei mesi di ritardo. Questa reazione poco sollecita ai movimenti verso il basso ha causato un appesantimento (si legga maggiori costi) dei bilanci delle Pmi proprio all'imboccatura del tunnel della crisi.
Inoltre le Pmi sostengono, sul fronte energetico, anche un maggior onere fiscale derivante dalla applicazione di un'imposta erariale e di addizionali provinciali e comunali sui consumi energetici che paradossalmente mortificano la adozione delle misure di risparmio energetico continuamente invocate.
Per inciso, risulta che nel 2008 il 72% delle provincie abbia applicato l’aliquota massima della imposta addizionale di loro competenza.
Le Pmi hanno inoltre lasciato pressoché inesplorata la strada offerta dal mercato libero, preferendo in maggioranza rimanere “al sicuro” nel recinto del servizio di maggior tutela ma anche qui le sorprese non mancano: leggendo la bolletta si scopre che una parte consistente dei costi è imputabile alla cosiddetta componente A3, che in virtù del provvedimento CIP6 finito più volte nel mirino dell’Unione europea con quattro procedure d’infrazione (2004/43/46, 2005/50/61, 2005/40/51 e 2005/23/29), è stato reintrodotto con la legge finanziaria dello scorso anno e che negli ultimi sette anni ha finanziato soprattutto l'energia prodotta da fonti rinnovabili definite “assimilate” (rifiuti).
Si può anche spegnere la luce per solidarietà con la lotta ai cambiamenti climatici ma ci domandiamo, quante Pmi in Italia, saranno rimaste al loro posto quando le luci si sono riaccese?