I prodotti difettosi si computano nel reddito di impresa

di Roberto Grementieri

Pubblicato 18 Febbraio 2009
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

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La Corte di Cassazione (sent. n. 869 del 15 gennaio 2009) ha accolto il ricorso dell'Amministrazione finanziaria in tema di valutazione delle rimanenze finali per la determinazione del reddito di impresa: se un’azienda ha in magazzino prodotti difettosi, il suo reddito imponibile non diminuisce in quanto tali prodotti non sono beni in lavorazione e il loro valore, ai fini della determinazione del reddito di impresa, si calcola per intero senza che siano detratte le spese occorse per ripristinarli.

La sentenza ribadisce che il criterio generale di valutazione delle rimanenze ai fini fiscali è contenuto nell'articolo 59, comma 2 del d.p.r. 917/1986, il quale stabilisce che le rimanenze finali sono valutate attribuendo ad ogni unità  il valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell'esercizio per la loro quantità  o al minore tra tale costo e il valore normale determinato come prezzo medio di mercato.

Il successivo comma specifica poi che i prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione al termine dell'esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell’esercizio stesso.

Dal tenore letterale delle richiamate disposizioni, la Cassazione trae la conseguenza che i prodotti difettosi non sono affatto in lavorazione e che il loro valore va calcolato per intero.

Nell’enunciare tale assunto la Corte ha chiarito, in relazione alla determinazione del reddito di impresa, che, per la valutazione ai fini fiscali delle varie componenti attive e passive del reddito, esiste un principio generale desumibile dall'articolo 9 del Tuir, il quale non ha soltanto valore contabile e che impone quale criterio valutativo il riferimento al valore normale.

Tale valore, non solo formale ma sostanziale, viene individuato, dal terzo comma della disposizione, nel prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i servizi sono stati acquistati o prestati, dovendo farsi riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi.