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Consulenze IT: saper gestire il cambiamento

di Ferdinando Cermelli

Pubblicato 16 Ottobre 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:36

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Cosa accade quando in una realtà  aziendale c'è un avvicendamento? Mi spiego meglio: cosa accade – e cosa vorremmo invece accadesse – quando ad una società  di consulenza ne subentra un’altra in termini di comportamento professionale?

In un mondo perfetto ci si aspetta che a chi esce si conceda l’onore delle armi e che, dall’altra parte, vengano forniti tutti gli strumenti per garantire la continuità  del supporto al cliente, il quale ha semplicemente posto in essere un suo diritto: scegliere.

Quel che accade normalmente, e vi invito a darmi esempi del contrario, è che chi subentra inizia con il denigrare il lavoro fatto: dalla scelta degli strumenti alla modalità  di realizzazione.
Non si salva niente e nessuno mentre, dall’altra parte – ovvero da parte di chi deve rinunciare al rapporto di collaborazione in essere – si ha invece un arroccarsi alle posizioni conquistate negli anni, con un atteggiamento di chiusura totale, e quindi con il rifiuto di qualsiasi assistenza nei confronti di chi subentra, al grido di “si arrangino”.

È quello a cui sto assistendo in questi giorni: l’azienda per cui sto lavorando in questo momento sta subentrando ad un’altra. Premetto che, con l’azienda con cui collaboro, non siamo ancora arrivati a “vedere” il lavoro fatto e quindi non abbiamo ancora potuto iniziare a denigrarlo, dando come soluzione il totale rifacimento dell’applicazione che ci verrà  affidata… per ora quindi mi assolvo dalla prima accusa, in attesa di arrivare a mettere le mani sull’applicazione.

Siamo al punto in cui si tenta di acquisire informazioni sul progetto per come si è sviluppato negli anni di supporto dell’azienda concorrente.

Le difficoltà  sono enormi.

Primo, la documentazione ufficialmente non esiste! E già  questo è impossibile: vuoi per la dimensione del progetto che non sarebbe gestibile senza documentazione, vuoi perché tutte le società  interessate (cliente e fornitori) sono certificate operare in regime di Qualità  e, conseguentemente, dovrebbero disporre per definizione di documentazione e per di più aggiornata.

Secondo, non si trova (nemmeno presso il cliente) un referente a cui porre domande, quasi che il management dell’azienda cliente stesso si sentisse in colpa per la terribile scelta di cambiare fornitore.

A tutto questo, si aggiunge l’ostilità  di coloro che sono effettivamente “sul pezzo” – come si dice in gergo – ovvero programmatori, progettisti e analisti, i quali si sentono evidentemente investiti dalla responsabilità  di aver in qualche modo contribuito alla perdita del cliente, cosa che solitamente è terribilmente falsa in quanto si tratta di scelte veicolate dai livelli alti, ovvero di strategia e politica aziendale.

Dal mio punto di vista, sono due i punti in cui si deve agire per consentire un passaggio indolore perché, non dimentichiamo, il cliente ha tutto il diritto di modificare le proprie scelte ed anche l’attuale fornitore in uscita, tempo addietro, è subentrato ad un altro fornitore e senza alcun contraccolpo sul proprio core business.

Il management dell’azienda uscente dovrebbe dare prova di professionalità  nei confronti del cliente, puntando tutto lo sforzo non a recuperarlo (cosa alquanto improbabile a questo punto del rapporto) ma a trasformare in un ritorno di immagine positivo del fatto di essere fuori da una commessa, per quanto questo risulti economicamente svantaggioso.

Riguardo a chi, invece, è direttamente investito dal cambio di attività , penso che l’unico pensiero che dovrebbe essere presente per loro è che il mondo dell’IT è estremamente vorticoso e non è così improbabile che chi oggi viene ostacolato si ritrovi ad essere collega in una nuova realtà .

In quel momento, quando cioè il nuovo collega risulta essere il “vecchio” nemico, ci si ritrova con un team che parte già  con un atteggiamento negativo, per la gioia del Project Manager che dovrà  gestire il conflitto e sempre con la possibilità  che il vecchio “nemico” sia il nuovo Capo Progetto con tutte gli inevitabili contraccolpi sull'aspetto personale e, di seguito, professionale.

Auspico un comportamento professionale da parte di tutti, ovvero un comportamento che miri a salvaguardare gli interessi del cliente e la professionalità  degli attori in campo. In questi casi si tratta di una guerra tra contendenti il cui futuro non dipende dall’esito della guerra: chi ha perso il cliente non lo riprenderà  contrastando il nuovo fornitore, così come il nuovo fornitore non acquisirà  meriti speciali per l'aver smascherato supposti demeriti del vecchio fornitore.

Un ultimo appunto a chi deve lasciare: fa molta più bella figura chi pure se obtorto collo esce a testa alta… mi viene in mente il “…francamente me ne infischio” di Clark Gable in “Via col vento”.