I dati 2008 confermano che le aziende investono sempre più spesso nell’offshoring per l’ICT, affidando a terzi lo svolgimento di attività che richiedono competenze specialistiche, e per le quali l’impresa si avvale di fornitori residenti in un Paese estero. Questi possono essere:
- imprese affiliate localizzate all'estero, di solito entità legali costituite dall’impresa rispondente (definiti come fornitori interni operanti in un Paese estero);
- imprese estere non affiliate ma appartenenti allo stesso gruppo;
- altre imprese estere (definiti come fornitori esterni operanti in un Paese estero).
I dati ISTAT delineano che nell’anno 2007 solo un’azienda informatizzata su dieci ha dichiarato di impiegare personale interno con conoscenze specialistiche in materia di tecnologie informatiche, ma è possibile constatare che all’aumentare della dimensione d’impresa aumenta l’impiego di risorse interne dedicate all’ICT.
L’analisi delle attività economiche lascia emergere la preferenza dell’outsourcing per funzioni ICT nei settori assicurativi e finanziari (93,4% e 81,9%), mentre nelle attività legate a servizi postali e di telecomunicazione si ricorre in modo maggiore ad addetti interni specializzati in materia di ICT (66,1%).
Appena il 3,5% delle imprese informatizzate con almeno 10 addetti ricorre a specialisti ICT di altre imprese residenti all’estero (offshoring), ma tale percentuale passa al 12,7% nelle imprese con 100-249 addetti e al 21,4% in quelle con almeno 250 addetti.
L’introduzione del supporto ICT in azienda passa per tre modalità operative da cui deriva il tipo di partnership con il fornitore straniero:
- sviluppo e implementazione delle ICT: sviluppo software, programmazione, sviluppo web, database, reti di comunicazione, integrazione e installazione di sistemi.
- funzionamento generale delle ICT: supporto tecnico, supporto e aiuto all'utente, amministrazione di reti, di web e di database;
- gestione di sistemi ICT, nelle fasi del funzionamento e dell’applicazione.
Le aziende che si rivolgono a fornitori esteri nel primo caso sono l’81,6% del campione considerato, contro il 72,6% legato al secondo caso, mentre coloro che preferiscono trovare fuori Italia il servizio per la sola gestione ICT sono il 58,6% del totale.
I Paesi esteri di residenza delle imprese prescelte per l’esternalizzazione delle funzioni ICT analizzate appartengono prevalentemente all’Unione Europea (88,8%). Tale prevalenza si attenua per le attività delle imprese informatiche (79,2%), la fabbricazione di prodotti chimici e di articoli in gomme e materie plastiche (rispettivamente 70,5% e 71,1%).
I dati generali, invec,e sono rappresentativi dell’universo di imprese con 10 e più addetti attive – secondo la classificazione delle attività economiche adottata in Italia dall’Ateco – nei settori della manifattura, delle costruzioni, del commercio all’ingrosso e al dettaglio, degli alberghi e campeggi, dei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni, dell'intermediazione monetaria, assicurativa e finanziaria, delle attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e sviluppo e di altre attività professionali e imprenditoriali e dei servizi audiovisivi.
In Italia la crescente tendenza all’outsourcing sia nella modalità “near” che “off” shoring sta rispettando le aspettative degli anni precedenti, e il campo di fruizione di fornitori delocalizzati risulta agevole, in particolare nell’ambito delle politiche di export, di delocalizzazione, di fusioni e acquisizioni e di lancio di nuovi modelli di business, evenienze nelle quali si reputa importante:
– l’affidabilità del fornitore, la rapidità dell’evoluzione tecnologica e il presupposto di una cultura aziendale propensa all’esternalizzazione;
– le competenze altamente qualificate del fornitore;
– contratti flessibili.
A questo punto è lecito chiedersi quali sono le problematiche principali riguardanti l’outsourcing rispetto all’utilizzo di partner esteri.
Secondo un indagine dell’Osservatorio “ICT Strategic Sourcing” della School of Management del Politecnico di Milano gli ostacoli che le imprese italiane incontrano rispetto all’affidamento a fornitori ICT esteri sono in primo luogo di natura culturale e linguistica, considerando che nel nostro Paese è persistente l’abitudine alla relazione mentre l’uso delle lingue estere è scarsamente diffuso, a differenza dei paesi anglosassoni.
Tuttavia, i fornitori internazionali puntano ad organizzarsi in relazione alle sfide di mercato adoperandosi per favorire la conoscenza, stimolare la successiva collaborazione informale e dotarsi di personale madre lingua.
Un ulteriore punto critico da vagliare attentamente appartiene alla fase di set-up e avviamento iniziale del servizio con fornitori delocalizzati.
In questa fase, da ambedue le parti – fornitore e cliente – è richiesta la capacità di evitare le incomprensioni e condividere obiettivi e aspettative. Inoltre, il fornitore dovrebbe approfondire la conoscenza del business locale del cliente, le normative e i vincoli.
Il rischio che tutti sono interessati ad evitare è infatti l’innalzamento dei costi, che nei rapporti di lunga distanza sono maggiormente sensibili a fluttuazioni. Funzionari tecnici commerciali di imprese ICT estere già predispongono sistemi e suite per riprodurre la prossimità tra le persone, e personale incaricato da affiancare ai clienti prima dell’attivazione del servizio.
L’andamento del mercato e le innovazioni stanno producendo, dal lato fornitore, una marcata verticalizzazione dell’offerta per settore e la segmentazione dell’offerta per linee di prodotto o servizio.
Dal lato buyer, invece, si riscontra che i grandi innovatori assecondano la situazione di grande trasformazione dell’azienda chiedendo al fornitore di affiancare le risorse interne. Quindi possiamo dire che le esigenze di innovazione e di cambiamento ottengono risultati migliori tanto più si cerca di rispondere al come organizzare relazioni nuove nella scelta delle soluzioni ICT in outsourcing.