ISO 9001: dalla teoria alla pratica

di Massimo Furia

Pubblicato 16 Settembre 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:37

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Negli ultimi tempi si parla molto di qualità , di procedure che dovrebbero mettere ordine nella vita quotidiana delle aziende, nei flussi di lavoro, nei processi di comunicazione e nella capacità  di dirigere tanto i metodi che le varie operatività .
Ma nonostante tanto parlare il nostro Bel Paese soffre ancora molto di una cattiva applicazione della norma sulla qualità .

Esistono tanti modi di effettuare una certificazione di qualità  e di mantenersela. Siamo in Italia e, si sà , ognuno gestisce le cose come meglio crede. Non è questo il posto per fare il processo alle intenzioni. Però una cosa va detta: spesso e volentieri la norma è un mero pretesto che molte aziende utilizzano semplicemente per poter accedere ad un livello di clientela (appalti pubblici, gare o clientela internazionale) che altrimenti sarebbe, per definizione, inarrivabile.

In poche e semplici parole l’atteggiamento è spesso il seguente: paghiamo un consulente, ci facciamo creare un manuale della qualità , un elenco di procedure, versiamo il nostro (consistente) obolo all’ente certificatore una volta l’anno e tutti sono contenti. Ecco fatta un’azienda certificata per la qualità .
Che occasione sprecata.

Soprattutto se si pensa che questa mentalità  è veramente diffusissima, prevalentemente nelle Pmi che, ancora racchiuse nel proprio bozzolo di introversione alla crescita culturale e manageriale, pensano spesso che qualità  significhi solo “un prodotto fatto bene”. Magari!

A fare le spese di questo approccio sono i consulenti , che passano per venditori di fumo, i clienti delle aziende certificate, che credono di avere a che fare con fornitori allineati ad una vera politica della qualità  e, infine, le aziende stesse, che perdono l’opportunità  per evolvere e migliorare in direzione dell’obbiettivo “qualità  totale”.
Intendiamoci, non sono un consulente della qualità  né tanto meno ho un’azienda che si occupa di certificazione ISO. Sono uno che, lavorando a stretto contatto con la dirigenza delle aziende, ne vede di tutti i colori.

“La qualità ? Un mucchio di carta che serve solo a rendere più formale e burocratica anche l’operazione più semplice… un modo come un altro per spillare soldi..” Questa è il pensiero più diffuso sulla qualità . Ed è anche quello che denota meglio l’ignoranza sull’argomento.

Facciamo dunque un po’ di luce su questo oscuro e dibattuto argomento.

Qualità  significa delineare in maniera razionale e chiara la struttura dell’azienda (a partire dal suo organigramma) descrivendo esattamente “chi fa che cosa
e come deve essere fatto.
Il sistema di gestione della qualità  è il manuale di istruzioni per l’uso dell’azienda. Quindi, in teoria (e sottolineiamo, in teoria) un nuovo addetto leggendo il manuale della qualità  dovrebbe capire esattamente come funziona l’azienda presso la quale va a lavorare.

Il suddetto sistema ha anche lo scopo di inquadrare la gestione degli errori (le cosiddette non conformità ) attraverso opportuni processi di revisione, controllo e azioni preventive o correttive.

Grazie ad una adeguata (e anche semplice) progettazione, la norma ci mette in condizione di prendere visione della situazione della nostra azienda e fare un piano per migliorarla e farla crescere meglio e in modo più sano e ragionato.
Il fiuto imprenditoriale di una volta non è più e non può essere più l’unico drive a guidare un’azienda.

Bisogna saper tracciare delle linee guida da seguire per non inventarsi piani d’emergenza. Passare dall’improvvisazione, dal day-by-day alla pianificazione strutturata.
Per un’azienda che vuole crescere alla luce di una buona company reputation la certificazione della qualità  è un percorso naturale.
Per tutti gli altri è solo un’altra cosa da pagare.