Al giorno d’oggi parlare di e-business è sempre più frequente, così come toccare con mano l’interesse generale a investire in Internet per avviare o sviluppare un’attività economica. In questo contesto, è certo lecito domandarsi come l’impresa possa competere in tale ginepraio tecnologico, che richiede ormai conoscenze addizionali sempre di più efficaci.
Il differenziale che sembra distinguere molte aziende dalle altre è il proprio marchio, grazie al quale esse sono in grado di accogliere i visitatori e di soddisfarne le richieste.
A differenza delle attività commerciali tradizionali, Internet presenta logiche di presenza virtuale dei “punti vendita”, tali che il cliente deve consapevolmente scegliere di accedervi, a meno che non conosca già un fornitore che gli è particolarmente gradito per la sua notorietà e che attragga interesse.
Recenti indagini sul mercato virtuale statunitense – che forniscono riflessioni estendibili a ogni altro scenario economico in Rete a livello globale – rivelano che la grande maggioranza dei consumatori che ha intenzione di compiere acquisti online teme per la propria privacy e, in particolare, rimane bloccata dai timori sulla sicurezza delle transazioni elettroniche: no stiamo parlando solo di anonimi hacker che violano il sistema ma di consapevoli raggiri da parte di aziende poco affidabili!
Ciò significa che il grande potenziale di affidamento a questa modalità commerciale si trasforma solo in piccola parte in risultati tangibili. In ogni caso i grandi brand rappresentano certamente un importante elemento di rassicurazione, che può essere determinante nelle scelte dei possibili acquisti. Ma le piccole e medie imprese, come possono conquistarsi la fiducia dei clienti? Il segreto sta sempre nel marchio.
Un ulteriore fattore, che nell'ambito del commercio online depone a favore del marchio, è che quest'ultimo trasmette valore nell'ambito dei servizi collaterali che può garantire: consegne, assistenza, servizi post vendita.
Inoltre, l'importanza dei marchi nell'e-commerce è dimostrata dalle cifre enormi che la maggior parte degli start-up Internet ha investito in pubblicità , che non sempre si sono rivelate produttive di risultati e in alcune nuove aziende di questo tipo, che pure hanno conosciuto momenti di prosperità , hanno rappresentato un peso finanziario non irrilevante.
Fino all'inizio del 2000 il mercato finanziario ha generosamente coperto il fabbisogno legato alle spese di marketing e allo sviluppo delle piattaforme digitali e logistiche, consentendo ad imprese di nuova costituzione investimenti notevoli rispetto al loro fatturato.
Tuttavia, le connesse attività in ricerca e sviluppo non sempre sono state oculate: l'inesperienza, l'enorme pressione a bruciare le tappe, la tecnologia in continua evoluzione e le novità dei modelli di business proposti hanno contribuito a far prendere decisioni molto discutibili che, in molti casi, hanno portato a bruciare in pochi mesi enormi capitali.
Sembra ormai avviarsi una riflessione che accomuna l'e-business a tutte le altre forme di commercio tradizionale e cioè che il marchio si costruisce e si consolida non soltanto con la pubblicità ma coltivando per anni una relazione soddisfacente con i clienti.
A ciò si aggiunga la necessità , da parte delle aziende che intendono sfidare il mercato seguendo il canale esclusivo o alternativo di Internet, di non disperdere eccessivamente l'offerta che solitamente viene diretta ad una massa eterogenea di consumatori.
Più che subire l'abbaglio di modelli organizzativi che grossi portali portano avanti con successo (Amazon, e-Bay ecc.), occorre sempre di più distinguersi con idee originali che, a priori, definiscano un prodotto/servizio specifico da indirizzare verso uno specifico target, che mostra un’esigenza sperimentata e precisa di rivolgersi al canale web per compiere quelle operazioni che, magari, non trovano alternative concrete e realizzabili nella canali tradizionali.