IBM: Chip 3D performanti? Raffreddati ad acqua

di Noemi Ricci

Pubblicato 18 Giugno 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:46

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Per far fronte ai problemi di surriscaldamento dei microprocessori che si sviluppano in tre dimensioni i ricercatori dei Laboratori IBM di Zurigo in collaborazione con i colleghi del Fraunhofer Institute di Berlino, hanno realizzato un prototipo di chip che integra un particolare sistema di raffreddamento a liquido direttamente nella struttura del semiconduttore.

Per chi non lo sapesse, i cosiddetti chip 3d stacks-in solitamente sono posti uno accanto all’altro su un wafer di silicio, quindi impilati uno sull’altro (stack). Per le elevate prestazioni, la tecnologia del chip-stacking promette di essere l’approccio più promettente del prossimo futuro.

L’utilizzo dei chip 3D porta infatti ad una drastica riduzione della distanza che le informazioni devono percorrere (un solo 1000esimo rispetto ai chip a 2D), oltre a permettere di aggiungere un numero 100 volte maggiore di connessioni fra componenti.

IBM vorrebbe trovare il modo di impilare memoria e processori, e quindi sovrapporre più strati di processori, così da potenziare la capacità  di elaborazione dati. Rimane però da vincere la sfida, non semplice, del raffreddamento di un tale sistema. I classici sistemi posizionati sul retro del chip non offrono un livello di scalabilità  sufficiente.

La soluzione sembra averla trovata nell’acqua, attraverso un “sistema di tubazioni” che collega direttamente i vari strati dello stack. Un sistema di raffreddamento anch’esso a più strati, dunque, il cui prototipo ha le dimensioni di 1 cm quadrato.

“La complessità  di questo sistema ricorda un po’ il funzionamento del cervello umano, dove milioni di nervi e neuroni sono connessi per il passaggio di informazioni ma non interferiscono assolutamente con le decine di migliaia di vasi sanguigni per quanto riguarda il raffreddamento e il fabbisogno di energia” afferma stessa IBM nel comunicato.

I singoli layer sono assemblati mediante una particolare tecnica di saldatura con pellicola fine, con cui gli scienziati hanno ottenuto livelli di qualità , precisione e robustezza tali da assicurare che contatti termici ed elettrici non causino cortocircuiti.
Lo stack così assemblato viene posto in un contenitore di raffreddamento in silicio in cui viene pompata l’acqua.

Nelle loro simulazioni gli scienziati hanno ottenuto, su un prototipo a un chip stack di 4 centimetri quadrati, prestazioni di raffreddamento pari a 180 W/cm^2. Si lavora ora sull’ottimizzazione dei sistemi di raffreddamento per chip di minori dimensioni e maggior numero di interconnettori e sulla realizzazione di ulteriori strutture sofisticate per il raffreddamento di singoli punti critici.
Che il futuro sia davvero alle porte?