ICT e internazionalizzazione: focus su commerciale e distribuzione

di Mario Massarotti

Pubblicato 16 Maggio 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 19:33

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L’internazionalizzazione diventa per le Pmi italiane un prezioso viatico di opportunità  per conseguire l’obiettivo della competitività  e dell’espansione.
Alla luce dell’attuale scenario economico, l’impresa che inizia a dare uno sguardo oltreconfine deve porsi già  la domanda di come sviluppare una politica di presenza commerciale e fisica su altri Paesi, senza rischi e con un potenziale buon avanzamento rispetto alle variabili in gioco.

Una delle risposte più importanti ha il nome di: “rapidità  ed efficacia operativa” che deve interessare necessariamente i vettori principali dell’organo azienda: il commerciale, la distribuzione, il produttivo, gli approvvigionamenti, la ricerca e sviluppo, la finanza e l’organizzazione.

Anche in questo caso sarebbe inutile parlare di velocità  dell'azienda di affermarsi in affari se non facessimo riferimento all’applicazione dell’Information Communication Technology, intesa come la risorsa impiegabile sia per portare avanti ambiziosi progetti di penetrazione che per ottenere i loro esiti nei tempi previsti e controllabili.

La forma di internazionalizzazione più studiata in ambito manageriale è quella in cui un azienda vende prodotti direttamente o tramite intermediari sui mercati internazionali.
Essa rappresenta inoltre l’esperienza più proficua di implementazione e sviluppo delle iniziative di e-business attraverso quello che viene definito e-commerce.

Se è vero che l’impiego dell’ICT giova alla struttura organizzativa delle Pmi e alla determinazione del volume di affari tramite le vendite, ritengo opportuno analizzare alcuni dei fattori che riguardano le giuste scelte strategiche e tecnologiche che le Pmi praticano per gli obiettivi di internazionalizzazione, al fine di evitare che l’imprenditore sia condizionato negativamente da impressioni e giudizi molto semplicistici sulle soluzioni affini.

Come è evidente, un’azienda già  consolidata può scegliere di servirsi del commercio elettronico sia come opzione alternativa che sostitutiva della propria attività  di vendita tradizionale. Nel primo caso i consumatori avrebbero a disposizione, oltre a Internet, anche i punti vendita fisici; nel secondo caso il prodotto sarà  venduto soltanto in rete, ma questa politica rientra in prevalenza nelle ambizioni delle attività  di giovanissima generazione.

Tutte le aziende devono in ogni caso prestare attenzione a non rischiare di perdere mercato e clienti valutando se il prodotto si presta bene ad essere venduto on line, puntando alla semplificazione della consultazione dei siti e delle procedure di acquisto a favore degli utenti finali.

Recenti indagini hanno per esempio appurato che il “carrello elettronico” dei siti commerciali rimane in grande percentuale riempito e abbandonato.
Sotto questo riguardo è auspicabile che le aziende ricorrano ad altre semplici soluzioni IT per comprendere le cause dello scompenso e ottimizzare le vendite a tutto vantaggio della qualità  del servizio clienti.

Passiamo alla distribuzione: un’azienda che sceglie il canale digitale per consegnare un prodotto tangibile, potrebbe trovarsi facilmente nella condizione di non poter raggiungere zone geografiche lontane, quindi bisogna valutare come poter risparmiare sui punti vendita organizzando semmai una buona rete di stoccaggio e di consegna.
Diverso è il caso dei beni intangibili, tra cui e-book, musica, software, giornali online, il cui acquisto prevede una transazione on line e il semplice download.

Quanto a quest’ultimo settore, le distanze di trasferimento dei beni intangibili si misureranno in unità  di tempo, per cui l’unica preoccupazione dell’azienda sarà  offrire e calibrare il servizio avendo comunque a cuore la capacità  tecnologica complessiva degli utenti, in quanto non tutti dispongono di banda larga oppure di computer di ultima generazione.