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L’e-commerce: il punto sulla disciplina italiana

di Mario Massarotti

Pubblicato 5 Maggio 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 19:33

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L'indefinita potenzialità  della rete permette di sviluppare affari attraverso il “lancio dell'amo” del commercio a livello geografico globale.
Ora si può diventare rappresentanti di commercio o agenti anche per via telematica e ogni azienda può utilizzare questa tecnologia come base di espansione e di internazionalizzazione.

La Commissione Europea include nel commercio elettronico attività  diverse, non solo commercializzazione di beni e servizi ma anche distribuzione online di contenuti digitali, operazioni finanziarie e di borsa, gli appalti e altre procedure di tipo transattivo delle Pubbliche Amministrazioni.

Alla base del commercio elettronico troviamo l’art. 15, comma 2, della Legge 15 marzo 1997, n. 59 che attribuisce validità  e rilevanza ai documenti formati con strumenti informatici e telematici.

Per produrre la stessa efficacia della scrittura privata, la norma prevede il meccanismo della firma digitale, basata sul sistema di crittografia a doppia chiave asimmetrica di cifratura (pubblica/privata).

Uno dei requisiti legali che attiene il commercio elettronico è che vi siano autorizzazioni amministrative per i soggetti che intendono vendere su Internet nell’ambito delle seguenti partizioni: business to business; business to consumer; business Public Administration to citizens.

La vendita online regolare a quanto pare deve possedere il medesimo requisito delle attività  commerciali tradizionali, ovvero deve trattarsi, secondo il nostro ordinamento, di attività  professionale e continuativa, quindi non occasionale.

Ciò premesso, le prime indicazioni che regolamentano il commercio elettronico provengono dall’art. 18 del D.Lgs n. 114/98. Esso prevede che l’impresa debba regolarizzare l’inizio attività  presso la sede municipale del Comune di residenza e la Camera di Commercio.

In ogni caso, sono esclusi dal Decreto chi venda o esponga per la vendita per proprie opere d’arte, gli enti pubblici, gli industriali, gli artigiani e i produttori agricoli.

Anche nell’ambito del commercio su Internet, le imprese sono tenute al rispetto delle regole di concorrenza, in particolare di quelle contenute negli artt. 2595 ss. Cod. civ. e, in particolare, per quanto attiene agli atti di concorrenza sleale, all’art. 2598 cc..

A queste disposizioni devono aggiungersi quelle contenute nella c.d. legge “antitrust” (Legge 10 Ottobre 1990, n. 287).

Sotto questo riguardo esistono una serie di fattispecie peculiari di concorrenza sleale che si sono sviluppate a causa delle proprietà  tecniche della “navigazione” ipertestuale: l’hyperlinking, il framing, il browsing e il caching.

La direzione del legislatore è di intervenire a disciplinare anche queste prassi, in quanto si rileva che il loro utilizzo improprio può creare confusione tra la proprietà  intellettuale del sito di partenza e di quello di destinazione.