Banner & Co: quando la strategia di marketing non paga

di Alessandra Gualtieri

Pubblicato 17 Gennaio 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 19:33

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Non so voi, ma io non ho mai amato troppo la pubblicità , neanche via web.

È vero, ammetto che la consultazione “passiva” di spot e indicazioni promozionali discretamente collocate a bordo pagina non mi disturba affatto, anzi, senza sforzi mi tiene aggiornata su eventi, nuovi prodotti di mercato e campagne marketing su temi di mio interesse.

In questo senso, la pubblicità  via internet è di certo una scelta strategica per le aziende, un investimento che quasi sempre paga.

Del resto lo confermano anche gli ultimi dati dell’Osservatorio FCP-Assointernet e IAB Italia (+43%) che evidenziano l’ottima salute dei vari servizi di web advertising: sponsorizzazioni e bottoni (+32%), keywords (+31%), email e newsletter (+28%) e ad banner (+26%).

Eppure, comincio a credere che i volumi crescenti del mercato web advertising stiano cominciando, in alcuni casi, a dare strani frutti: non vi è mai capitato di sentirvi così disturbati da un particolare tipo di avviso pubblicitario da provare frustrazione, se non addirittura avversione, nei confronti del prodotto reclamizzato nonché del sito ospite? A me sì. Più di una volta.

Intendiamoci, sono certa che le strategie di marketing che portano un’azienda a investire in una campagna pubblicitaria un po’ “aggressiva” si basino comunque su valutazioni attente, che tengono in considerazione la possibilità  di stancare l’utente ma che, comunque, ritengano i pro superiori ai contro: basti pensare ai sistemi di pay-per-click, che incentivano il proliferare di soluzioni estreme, a continua portata di mouse, considerata il loro elevato potenziale commerciale.

Da utente, però, semplicemente mi domando: visto che l’industria del web advertising offre oggi numerose e variegate possibilità  di sponsorizzazione, proponendo innumerevoli tipologie, declinazioni e formati per banner & Co. – popup, popunder, button, skyscaper, layer, overlay, splash ad, interstitial, banner espandibili, ecc. – perché non optare per una forma di pubblicità  che non faccia sentire gli utenti spettatori passivi, e a volte addirittura inermi?

Perché non tornare a puntare su strategie pubblicitarie che facciano sentire l’utente protagonista dell’esperienza di web promotion. Non parlo di interattività  “obbligata”, ma scelta. Una forma di interazione con lo spot voluta liberamente, come stimolo a un’idea accattivante, secondo la buona tradizione pubblicitaria di una volta basata sulle parole, capaci di stuzzicare la curiosità .

Perché tormentarlo con pop-up che non consentono di essere chiuse dopo pochi secondi, oppure con immagini layer che “attraversano” le pagine web senza possibilità  di scampo per un tempo infinito? Per gli utenti del web il tempo è prezioso, soprattutto se si tratta di utenze business.

Sarà  una valutazione ingenua, ma giudico in base alle mie reazioni: ogni volta che attendo impaziente che sparisca il messaggio pubblicitario in sovraimpressione, per poter finalmente caricare il contenuto della pagina da me desiderata, mi chiedo: “quanto produttiva è una campagna pubblicitaria che rischia di essere percepita con lo stesso fastidio di un messaggio spam?”

A questo punto, io preferisco i messaggi interstitial interattivi che, per lo meno, volendo consentono subito di “saltare” la pagina sponsor e passare direttamente al contenuto che volevamo consultare. In questo modo, mi pare di mantenere il controllo della situazione, di essere io quella che gestisce i miei contenuti e non una presenza fantasma che decide quando e come devo navigare tra le pagine di mio interesse. E voi?

Il punto è che, su Internet come in Tv, non credo che i tormentoni paghino. Se per chi pubblica banner, layer e pop-up il guadagno sta nel numero dei click, per le aziende che investono in pubblicità  per lanciare i propri prodotti e servizi non sempre il ROI si rivela così immediato.
In ultima analisi, forse sarebbe il caso di adottare una soluzione di compromesso, frutto di una strategia pubblicitaria che tenga conto sì dei trend marketing del momento, ma che non dimentichi di studiare le attitudini del target finale: il prodotto da sponsorizzate va apprezzato, non ricordato con fastidio.

E poi, non dimentichiamo che quando in tv c’è troppa pubblicità  cambiamo canale. Sul web si potrebbe finire semplicemente per cambiare sito…