Interessante notizia quellariportata da Data Manager, che cita un’indagine australiana relativa all’utilizzo di Social Network (quindi Facebook, MySpace, LinkedIn, e via dicendo) in ambito lavorativo. Ricerca condotta da un sito specializzato che si è occupato di “monitorare” le abitudini dei dipendenti.
Dalle analisi è emerso che oltre la metà degli utenti di Facebook intervistatati ha ammesso di utilizzare il servizio anche durante l’orario lavorativo. Secondo delle stime raccolte dallo stesso sito, ogni anno le utenze che “perdono” il proprio tempo sui siti di social networking costano alle aziende circa 2700 dollari per ogni singolo lavoratore.
Le perdite di tempo infatti si traducono – come ovvio – in un calo della produttività del dipendente, e quindi dell’intera azienda.
La soluzione? Sicuramente, per quello che mi riguarda, mi vedo assolutamente contrario ad un oscurantismo e un blocco totale dei servizi connessi ai social network. Politiche che limitano un accesso alla rete e a determinati servizi, secondo me, non portano a nulla di buono e possono solo ed esclusivamente favorire la creazione di tensioni o alimentare dissapori, nonché agevolare la formazione di dinamiche relazionali difficili da gestire.
Trovare una mediazione non è semplice. In queste questioni le vie di uscita dal problema possono essere differenti, ma non tutte possono andare bene per ogni realtà . Ogni azienda deve – infatti – far rispettare, come ovvio, dei criteri ben precisi che sono funzionali alla propria produttività e al mantenimento dei guadagni.
I dipendenti che si comportano in questo modo, specie se la cosa diviene “maniacale e ossessiva” si traducono in un danno. È importante far capire, anche ai livelli più bassi, tutto questo.
A mio avviso si deve partire da una atmosfera tranquilla di dialogo e di confronto tra le parti, parliamoci chiaro: limitare del tutto l’uso della rete al solo ambito lavorativo sarebbe assurdo e anche difficilissimo, ma è altrettanto vero che è anche assurdo dedicare il 40% del proprio tempo lavorativo in attività che con esso non hanno assolutamente nulla a che fare.
Anche in questo caso – come in molti altri – è necessario che i confini siano definiti e che vi sia, da parte dei dipendenti una completa comprensione delle norme (ma anche una certa condivisone delle stesse) che regolano la loro attività e l’uso delle loro postazioni, senza che queste norme siano percepite come una costrizione.