Quella italiana è una classe industriale che “si è fatta da sé”, composta per lo più da persone che partendo da zero sono riuscite a costruire un loro piccolo impero commerciale. Ma ora che questa generazione di self-made man è invecchiata, nasce un nuovo problema: a chi affidare l’impresa?
Il problema del passaggio generazionale è molto sentito, specialmente nelle piccole aziende. Ritengo sia frutto di una miriade di problemi tra loro interconnessi, che generano una specie di status quo costringendo chi è sempre stato alla guida del timone aziendale a non prendere alcuna decisione.
Vediamo un certo numero di barriere:
- Il lavoro presenta un alto grado di manualità ed artigianalità che risulta difficile trasferire
- Connesso al precedente aspetto c'è lo scetticismo ed il preconcetto della vecchia guarda nei confronti dello stereotipo giovanile
- Molti vecchi imprenditori non hanno figli interessati a rilevare l'attività avendo constatato che la mole di lavoro svolta, troppe volte, non è proporzionalmente remunerativa
- La rete di clienti, banche, fornitori costruita in decenni di attività risulta molte volte ostile nell'avere come interlocutore i discendenti del manager o qualche nuovo dirigente seppur bravo e all'altezza della situazione.
Come si può superare questo status quo?
Ho paragonato questa situazione a due treni che corrono a velocità diversa ma con due elementi ben definiti: il primo (quello anziano) è il classico treno a vapore, potente, affidabile, rumoroso, lento ma sul quale sono saliti molti passeggeri; l'altro (la nuova generazione) è il moderno Eurostar, veloce, brillante, colorato e vivace.
Si tratta di fare un mix ed ottenere un bel treno superveloce. Un processo che inevitabilmente richiede nuovi binari e nuovo personale, ma che offrirà anche un maggior grado di sicurezza nel processo di avvicendamento al comando, e una vita futura più passo con le nuove tecnologie.