La crisi economica continua a decimare posti di lavoro, travolgendo non solo le categorie professionali medio-basse, ma anche le professioni manageriali. In questo senso, il difficile momento economico mondiale, ha portato ad un solo, inequivocabile, vantaggio, se di vantaggio, si può parlare: eguagliare i destini dei “ricchi” e dei “poveri”.
La crisi, dunque, azzera la lotta di classe, ma se i poveri hanno saputo convivere, da sempre, con le difficoltà, per chi si è abituato a gestire al meglio i destini altrui ed il proprio portafoglio il ridimensionamento “esistenziale” ed “economico” rappresenta un brutto colpo, difficile, molto difficile, da superare. I dati parlano chiaro: anche i manager sono travolti dalla crisi. Nel 2008 sarebbero stati stimati in 5000 i top manager licenziati dalle aziende italiane.
Manager Italia, la Federazione Nazionale dei Manager del Terziario, nei dati divulgati in questi giorni, rivela che lo scorso anno i manager licenziati (nella maggior parte dei casi si è trattato di risoluzioni consensuali) sono stati 10 mila. Quest’anno, il trend negativo sembra destinato a proseguire, con oltre 3 mila licenziamenti nei primi due mesi e mezzo del 2009. Non va meglio nel resto d’Europa, dove anche se non licenziati, manager e dirigenti d’azienda, sono diventati oggetto di spietati atti di ritorsione e vendetta, da parte di dipendenti che hanno perso il lavoro. In Usa i manager, più che a casa, sono finiti in carcere, in 300 sono stati arrestati lo scorso anno, con l’accusa di frode, poiché implicati in una fitta rete di operazioni finanziarie finalizzate a concedere mutui e prestiti anche a chi non poteva fornire adeguate garanzie.
Insomma il quadro che emerge della figura del manager e del dirigente , è molto diverso dal passato. Ieri uomini (e donne) di successo, senza timori e senza paure, oggi, vittime dell’incertezza e delle difficoltà, accomunati ad un’unica grande esigenza: reinventarsi nel mercato delle professioni, e reinserirsi, sempre in ambito manageriale, ma con uno spirito nuovo. Cosa può fare, dunque, un manager che a 45, 50 anni, dopo una brillante carriera in azienda, si ritrova, a dover cominciare da zero? I manager di talento e di successo, possono reinserirsi “emigrando” all’estero, in paesi dove si assiste ad un insperato decollo dell’economia.
Ci sono riusciti i manager inglesi, che per mantenere inalterato il loro ruolo ed il loro stipendio, accettano sempre più spesso di lavorare a Dubai, ottenendo sostanziosi incrementi salariali ed adeguata valorizzazione personale. Un’ottima preparazione linguistica in Arabo, Cinese ed Indiano, inoltre, può fare la differenza tra un futuro manageriale incerto ed uno di successo. Le economie emergenti sono ghiotte di dirigenti talentuosi che parlano la loro lingua, perchè non tentare il colpo?
Per chi decide di restare, il reinserimento nel mercato delle professioni manageriali, può avvenire proponendosi con una mentalità nuova: non più come dipendenti di alto livello, ma come consulenti e liberi professionisti di alto livello. Una di queste figure è quella del Temporary Manager. Un libero professionista esperto nel problem solver che può essere di supporto anche alle piccole e medie imprese. In Usa esiste anche la figura del Manager a distanza. Si tratta di nuovi profili della professione manageriale tutte da scoprire, per sapere cosa fanno, come lavorano e quanto guadagnano.