Venture capital: il disinvestimento della partecipazione

di Rosanna Marchegiani

11 Giugno 2009 09:30

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Il disinvestimento della partecipazione da parte del venture capitalist rappresenta il momento conclusivo del rapporto tra quest'ultimo e l'impresa finanziata

Il venture capitalist è un socio temporaneo di un’impresa. Egli investe in essa con lo scopo di realizzare un capital gain una volta che il valore della partecipazione si è adeguatamente incrementato. Il rapporto tra l’impresa finanziata e il venture capitalist termina con il disinvestimento della partecipazione da parte di quest’ultimo: si tratta di una fase molto delicata sia per l’investitore istituzionale, che potrà realizzare o meno il guadagno atteso, sia per l’impresa e per il suo futuro.

In genere, il disinvestimento della partecipazione è totale, anche se in alcuni casi il venture capitalist può conservare una piccola partecipazione nell’impresa. Di norma, il momento del disinvestimento non è predeterminato, ma coincide con quello nel quale la società ha raggiunto il livello di sviluppo previsto. Se, invece, gli obiettivi prefissati non sono stati raggiunti il disinvestimento avviene quando si ritiene che la situazione di crisi sia irrisolvibile.

In genere, la partecipazione è detenuta dal venture capitalist per un periodo che va da un minimo di 2/3 anni, ad un massimo di 7/8 anni. Periodi superiori di permanenza nella società partecipata si possono avere nel caso in cui il disinvestimento presenti delle difficoltà.

Il disinvestimento della partecipazione può avvenire in quattro modi diversi:

  1. con la quotazione in Borsa dei titoli della società. Si parla, in questo caso di IPO (Initial Pubblic Offering), cioè un’offerta pubblica di vendita di titoli di una società che per la prima volta viene ammessa alle negoziazioni di borsa. Una volta avvenuta la quotazione in borsa, l’investitore istituzionale cede la propria partecipazione. Questa soluzione permette al venture capitalist di avere una buona visibilità, ma rende necessario il rispetto di tempi e procedure ben precisi e il sostenimento di particolari costi;
  2. la partecipazione posseduta dal venture capitalist viene ceduta mediante una trattativa privata: ad un’altra impresa industriale. Si parla allora di trade-sale; ad un altro investitore istituzionale (come fondi chiusi, fondi pensione). Si parla allora di replacement e secondary buy out. La partecipazione del venture capitalist può essere ceduta anche mediante fusione o incorporazione con altra società;
  3. la partecipazione posseduta dal venture capitalist è ceduta al socio imprenditore. Si parla, allora di buy-back. Questa alternativa, può risultare una scelta necessaria se la società non risulta appetibile per altri eventuali investitori;
  4. un’ipotesi meno frequente è quella del write-off, ovvero dell’azzeramento della partecipazione che si rende necessaria nel caso di un fallimento di tutta l’operazione che ha generato una perdita durevole di valore della partecipazione.

Guida pratica al capitale di rischio – a cura dell’AIFI (Associazione Italiana degli Investitori Istituzionali nel Capitale di Rischio).