Cambiare, si sa, può destabilizzare, anche se si cambia in meglio. In azienda il cambiamento è inevitabile e spesso “si subisce”:
- può essere imposto dall’alto, da una figura di responsabilità;
- può essere imposto dalle circostanze: mutamenti nei mercati, innovazioni tecnologiche, mutamento nei gusti dei consumatori, etc.
È chi guida un percorso di cambiamento organizzativo che si trova a fare i conti con le resistenze e le diverse capacità delle persone coinvolte di superarle. C’è chi manifesta entusiasmo fin dall’inizio: verificata la sua buona fede, va incoraggiato. C’è anche chi dimostra un falso sostegno: è a queste persone che va riservata una maggiore attenzione perché all’inizio il loro comportamento appare quello di un sostenitore, ma al momento di agire, subentra l’immobilismo. Chi palesa una opposizione aperta non è detto che sia un vero nemico. Le sue preoccupazioni iniziali possono essere legate alla paura di eventuali insuccessi aziendali o ad una temuta mancata attenzione alle sue istanze da parte del vertice. Le sue energie vanno recuperate e incanalate nel processo di mutamento. Quale linea d’azione tenere? Meglio imporre il cambiamento ai propri collaboratori oppure no?
Sono i leader con stile autocratico che impongono il cambiamento senza coinvolgere nelle decisioni coloro che lo vivranno in prima persona. Certamente la condivisione e la partecipazione nelle azioni da intraprendere per il cambiamento rende più semplice la collaborazione e la predisposizione a superare le naturali resistenze.
Il manager si trova, quindi, a dover conciliare le necessità legate al business di cui è responsabile per conseguire i risultati chiesti dall’azienda e la necessità di avere il supporto attivo delle proprie risorse. Tuttavia, c’è un fattore fondamentale che incide sulla scelta del metodo di introduzione del cambiamento: il tempo!
Le comunicazioni di spostamenti di ufficio, di cambio di struttura, di arrivo di nuovi responsabili sono fatte anche in base al tempo che l’azienda ha a disposizione per attuarle e non sempre questo è sufficiente per coinvolgere in modo adeguato le risorse umane interessate.
Certo è che “gestire il cambiamento” anziché imporlo e di conseguenza farlo subire è imprescindibile. Non si può affidare l’evento cambiamento al caso. La gestione del cambiamento richiede il rigore della gestione di un progetto con una particolare attenzione alle esigenze delle persone coinvolte. Coinvolgere le persone deve essere un imperativo. Dal coinvolgimento può nascere la motivazione e da qui la determinazione a guardare con occhio critico lo stato attuale per poi attivare nuovi percorsi.