Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato può estinguersi per varie cause:
- licenziamento da parte del datore di lavoro;
- dimissioni del lavoratore, caso che include anche l’ipotesi di raggiungimento dell’età pensionabile;
- morte del lavoratore o impossibilità sopravvenuta alla prestazione di una delle parti.
Tuttavia tra le cause di cessazione del rapporto di lavoro vi è anche l’eventuale risoluzione consensuale, ovvero un accordo che viene liberamente firmato tra azienda e dirigente soprattutto in situazioni particolari della vita dell’impresa, come processi di riorganizzazione o di ristrutturazione. L’accordo stipulato ha lo scopo di conciliare le esigenze del datore di lavoro e del dipendente.
Se da una parte, infatti, l’art.2118 e l’art.2119 del Codice civile prevedono i casi di recesso unilaterale del rapporto di lavoro, non si può escludere anche in tale tipo di rapporto l’applicabilità di una eventuale risoluzione consensuale. Questa è la regola generale, ed essa trova attuazione anche nel caso del rapporto di lavoro dirigenziale.
Con la risoluzione consensuale le parti possono stabilire l’estinzione immediata del rapporto di lavoro o possono differire la stessa ad un momento successivo. In quest’ultimo caso potrà essere concordato che, fino al momento di effettiva cessazione del rapporto di lavoro, il dirigente continui a prestare la propria opera presso l’azienda oppure che goda delle ferie maturate e residue o ancora che benefici di un periodo di aspettativa non retribuita.
In genere la risoluzione consensuale comporta la rinuncia al periodo di preavviso e alla relativa indennità sostitutiva. Tuttavia le sentenze della Corte di Cassazione non sempre hanno avuto un orientamento univoco in merito a tale indennità. Così, ad esempio, la sentenza n. 5791 del 1999 ha ritenuto che l’indennità sostitutiva del preavviso spetti esclusivamente nel caso di recesso unilaterale e non nel caso di risoluzione consensuale. Mentre alcune sentenze si sono espresse sostenendo che l’indennità possa venire meno solamente se la risoluzione consensuale è seguita da un nuovo impiego del dipendente, senza soluzione di continuità.
Molto spesso, al dirigente viene offerta una somma di denaro, in aggiunta al TFR spettante per legge, comunemente chiamata “incentivo all’esodo” e che viene liberamente concordata tra le parti. Per quanto riguarda la forma di tale atto, va osservato che non è richiesta la forma scritta: per tanto, in linea teorica è valido anche un accordo orale tra le parti. Tuttavia, al fine di evitare possibili controversie può risultare utile controfirmare l’atto nelle sedi confindustriali davanti ai rispettivi rappresentanti di categoria.
Art.2118 e 2119 Codice civile.