La soddisfazione per il lavoro

di Rosanna Marchegiani

18 Settembre 2009 07:00

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L'espressione job satistation viene utilizzata per la prima volta da Hoppock nel 1935. Nel corso degli anni si sono succedute molte teorie e molte ricerche volta a cercare di comprendere quali fattori determinano la soddisfazione per il lavoro

Il termine lavoro indica l’impiego di un’energia per uno scopo determinato, ma nel linguaggio familiare è usato anche per indicare fatica, sforzo. Non a caso spesso il lavoro viene associato a insoddisfazione o stress.

Secondo Taylor i lavoratori sono persuasi a lavorare soprattutto per il proprio interesse verso il denaro, con la conseguenza che per loro una situazione lavorativa soddisfacente è rappresentata dal poter percepire una retribuzione dignitosa con il minimo sforzo.

Nel 1927 Henri de Man afferma in un suo testo (La gioia del lavoro) che  la comprensione, da parte del lavoratore, della utilità sociale del proprio lavoro può far crescere la sua soddisfazione. Tra il 1927 e il 1932 Elton Mayo e il suo gruppo di ricercatori conducono una serie di esperimenti con lo scopo di evidenziare le relazioni esistenti tra alcuni fattori come numero di ore lavorate, frequenza e durata delle pause di riposo e il rendimento sul lavoro. Tali esperimenti dimostrano un aumento costante dei rendimenti, ma senza che vi sia una precisa relazione con i fattori esaminati. L’ipotesi avanzata da Mayo è che il miglioramento dei rendimenti è dovuto ad una maggiore soddisfazione degli operai sottoposti ad osservazione.

Nel 1935, R. Hoppock per la prima volta utilizza l’espressione job satistation. Egli, oltre a costruire un indice per misurare la soddisfazione generale, afferma che la job satisfation non può essere considerata separatamente rispetto alla soddisfazione generale nella vita. La soddisfazione per il lavoro di un soggetto può dipendere da tanti fattori:

  • contenuto del lavoro svolto, come mansioni, modalità di svolgimento dei compiti, ambiente fisico nel quale il lavoro è svolto. Secondo Hackman e Oldham (1976) i lavori complessi sono, in genere, più soddisfacenti rispetto a quelli maggiormente ripetitivi;
  • clima organizzativo, come relazioni che si creano con gli altri lavoratori, con i superiori, sostegno da parte di questi ultimi, coesione tra colleghi, norme applicate sul luogo di lavoro, organizzazione formale, innovazione, pressione sul lavoro, ecc.. Mayo (1949) afferma che “il desiderio di essere stimati dai propri simili, il cosiddetto istinto di associazione, è decisamente preponderante rispetto al mero interesse personale”;
  • fattori economici. Per quanto riguarda il legame tra soddisfazione per il lavoro e retribuzione non tutti gli studi pervengono alle medesime conclusioni. Secondo Lawler (1971) la soddisfazione nella paga dipende non solo da quanto il dipendente riceve, ma anche dalla percezione di quanto ricevono gli altri e dalla percezione di quanto egli dovrebbe ricevere;
  • altri fattori personali quali personalità, età, titolo di studio, ambiente culturale di provenienza. Così, ad esempio, con il crescere del livello economico e professionale le persone, generalmente avvertono più forte il bisogno di stima e di autorealizzazione.

Va però precisato che questi fattori non hanno la stessa importanza in tutti i soggetti: per cui per certi lavoratori potrebbero essere prevalenti alcuni di essi, che invece potrebbero rivestire una minore importanza per altri.