Si chiama demarketing, e non è altro che l’insieme delle azioni messe in atto da un’azienda con lo scopo di scoraggiare, temporaneamente o definitivamente, il consumo dei propri prodotti.
Ma perché un’azienda dovrebbe cercare di ridurre la domanda dei propri beni? Le ragioni possono essere diverse. Supponiamo che un’azienda abbia sottovalutato la domanda di un suo prodotto, avrebbe tutto l’interesse a cercare di ridurne il livello della domanda, per lo meno fino a quando non sarà in grado di soddisfarla interamente. Si parla allora di demarketing generale.
Una situazione analoga si ha allorquando l’impresa sopravvaluta le proprie capacità produttive. Ad esempio la Kodak introdusse la sua macchina fotografica Instamatic all’inizio degli anni ’60, ma non riuscì a fronteggiare da subito la domanda. Passarono alcuni anni prima che l’azienda fosse in grado di esaudire tutte le richieste.
Immaginiamo ora un’altra ipotesi. La nostra azienda ha un gruppo di clienti che chiameremo “buoni”, ovvero dai quali traiamo dei profitti (clienti che acquistano, pagano puntualmente, che non creano particolari problemi, ecc..). A questi clienti se ne aggiungono altri che possiamo definire “meno buoni”, cioè dei clienti per i quali l’azienda sostiene più costi rispetto a quelli che sono i profitti (clienti che acquistano per piccoli importi e non pagano puntualmente per cui vanno continuamente sollecitati, o clienti che richiedono una quantità elevata di servizi aggiuntivi compresi nel prezzo).
Per l’azienda, questa categoria di clienti “meno buoni” è meglio perderla: ne trarrà un vantaggio in termini economici. Ecco allora che può essere conveniente ricorrere al demarketing selettivo (detto anche relationship demarketing) che consiste nello scoraggiare la domanda proveniente da un certo settore di consumatori.
Come? Ad esempio facendo pagare a questo gruppo di clienti i servizi aggiuntivi richiesti o ancora con una eliminazione degli sconti o con un rialzo dei prezzi. Un settore dove viene spesso utilizzato il demarketing selettivo è quello del turismo prevedendo, ad esempio, un ticket di ingresso o l’ingresso a numero chiuso.
Consideriamo ora il caso di un’azienda che produce sigarette. Il fumo è nocivo ed è difficile vendere un prodotto che tutti considerano causa di gravi danni alla salute. Ecco allora che si può utilizzare il demarketing simulato (detto anche demarketing apparente) con il quale l’impresa finge di scoraggiare il consumo di quel prodotto, ma in realtà vuole ottenere l’effetto contrario.
La stessa tecnica è utilizza quando l’impresa vuole creare un prodotto o un servizio d’elite ritardandone, ad esempio, la consegna o l’esecuzione in modo da ridurre la domanda, ma anche in modo da aumentare il pregio dello stesso: si pensi a certe auto di lusso consegnate solo dopo mesi di attesa o a certi locali dove non è facile entrare.
Attenzione, però, a come viene impiegato il demarketing. Ad esempio, se si vuole scoraggiare la domanda solo temporaneamente occorre tenere presente quali saranno i comportamenti dei clienti nel lungo periodo.