I migliori ambienti di lavoro in Italia

di Barbara Weisz

13 Ottobre 2009 09:00

logo PMI+ logo PMI+
La classifica 2009 di Great Places to work sulla qualità degli ambienti di lavoro vede primeggiare Fater, al secondo posto c'è Microsoft Italia e al terzo Coca Cola. Ma anche fra le eccellenze le quote rosa scarseggiano

In Italia vince Fater, seguita da Microsoft e Coca Cola. Sono i risultati della classifica 2009 di Great Places to work Institute Italia, che fa parte del network di affiliate all’omonima società di consulenza americana con sede a San Francisco, sulla qualità degli ambienti di lavoro. La società produttrice di assorbenti è anche al quinto posto nella classifica dell’intera Europa, dove fra le prime 50 grandi aziende ci sono solo due italiane, l’altra è Elica, al ventinovesimo posto. Ci sono poi le filiali italiane di W.L.Gore, dodicesima, Coca Cola, diciottesima, e Fedex Express, trentatreesima.

Fra le imprese europee di media grandezza, invece, non ci sono italiane ma va detto che questa lista è compilata partendo dalle varie classifiche nazionali e le italiane analizzate (fra l’altro, sono le aziende a chiedere di essere monitorate) sono nella stragrande maggioranza grandi imprese. A questo proposito, si segnala una novità: nel 2010 ci sarà anche una graduatoria italiana dedicata alle società piccole e medie (da 25 a 49 dipendenti).

L’indagine si basa su un approccio di fondo: la fiducia fra manager e dipendenti è la principale caratteristica che definisce gli ambienti di lavoro eccellenti. Spiega Gilberto Dondè, amministratore delegato di Great Places to work Institute Italia: «la creazione di un eccellente posto in cui lavorare rappresenta una modalità vincente per costruire una cultura manageriale solida e riconoscibile, presonalizzata sulle strategie delle aziende».

Nella classifica nazionale, il settore maggiormente rappresentato è il manifatturiero (oltre alle già citate Fater, Coca Cola, Elica e W.L.Gore compaiono Mars, S.C.Johnson, Diageo, Kellogg e Pepsi). Seguono information tecnology e tlc, con Microsoft, Cefriel, Sap, Everis, Get a Line e Cisco, e grande distribuzione, con Decathlon, Mediamarket, Gamestop, Bon Prix, Avon, Montblanc. Numerose anche le aziende farmaceutiche, Genzyme, Bristol-Myers Squibb, Novartis, Solvay, a cui si aggiungono due distributori del settore come Medtronic e Sanofi Aventis.

Quanto all’organico, la più piccola è Get a Line, con 57 dipendenti, seguita da National Instruments, a quota 64. Qualche malizioso potrebbe far notare che, pur in ambienti eccellenti, le quote rose scarseggiano. Leggendo il libro “Le 100 aziende dove si lavora meglio”, di Walter Passerini, in cui ci sono tutte le società della classifica, si vede come, anche dove la maggioranza degli addetti è formata da donne, i manager sono per lo più uomini. Qualche esempio: Decathlon ha in organico una presenza femminile pari a 2mila425 donne, contro 1807 uomini, ma fra i dirigenti le esponenti del gentil sesso scendono a 17 mentre i maschi sono 119, per non parlare dei top manager, con 13 uomini e due sole donne.

Get a Line ha 38 quote rosa contro 19 ma fra i manager il rapporto si inverte per 5-2 e l’unico top è un uomo. Succede anche in una struttura ospedaliera come l’Istituto Europeo di Oncologia, dove lavorano 712 donne e 316 uomini, ma questi ultimi sono più numerosi fra i dirigenti, 22 contro 18, e il divario aumenta ancora fra i top, 43 a 10.

Ci sono però delle eccezioni: Bon Prix impiega più esponenti dell’altra metà del cielo, 165 a 39, e lo stesso vale per i manager, 22 a 10, mentre fra i top si raggiunge il pareggio, 3-3. Anche Barabino a Partners vede le quote rosa vincere sia nell’intera forza lavoro, per 52 a 33, che fra i manager, 7 a 5, anche se i top restano in maggioranza uomini, 6 a 3. C’è un’unica società, Kellogg’s, dove pur in un organico composto da più esponenti del sesso forte,  65 a 60, le manager sono più numerose, ben 26 contro 17. Fra i top, però, la proporzione torna a invertirsi, con 10 uomini e tre donne.