Può funzionare un’azienda in cui i dipendenti decidono orari, turni, stipendi e vengono fatti ruotare gli incarichi? Ci muoviamo nel regno di Utopia quando descriviamo un’impresa con norme interne ridotte all’essenziale, senza organigramma, nella quale gli operai stabiliscono quanto produrre, se trasferire un impianto e votano i loro dirigenti?
Niente fantasticherie, siamo alla Semco. La società si trova in Brasile e produce tanto beni come lavastoviglie, impianti di refrigerazione e scanner digitali quanto servizi finanziari, soluzioni di mailstream o consulenza ambientale, avendo nel tempo diversificato le sue attività ben al di là del settore manifatturiero di partenza. Semco ha sviluppato anche significative partnership internazionali con Philadelphia Mixers, Cushman & Wakefield Inc. e ISS (Goldman Sachs/EQT).
Nel corso degli anni, sotto la guida di Ricardo Semler, è passata da 90 a 3.000 addetti e ha aumentato il fatturato oltre i 200 milioni di dollari. Come altre aziende la Semco ha assunto, licenziato e subito scioperi ma il turn-over del personale non supera la percentuale dell’1%.
Questa vivente e dinamica realtà di management partecipativo non si materializza all’improvviso ma è il punto di arrivo di un processo di sperimentazione, di scelte maturate passo dopo passo.
Strada facendo Ricardo Semler, figlio di un industriale austriaco emigrato in Brasile, dopo aver assunto il comando dell’azienda paterna non più che ventenne, cerca di introdurre modalità di gestione e formule innovative per accrescere il coinvolgimento dei dipendenti. Opponendosi ai metodi tradizionali impregnati di verticismo comincia pian piano ad applicare una ricetta che susciterà interesse in tutto il mondo diventando oggetto di attenzione da parte di migliaia di dirigenti e caso di studio in prestigiose business school o università di ricerca come il MIT.
Al modello autoritario e paternalista, che crea un “meccanismo disumano” e soffoca creatività e libertà instaurando una “brutale concentrazione di potere”, Semco contrappone il principio guida di azienda naturale basata sulla fiducia nelle persone, sull’apertura mentale e l’avversione ai dogmi. Il suo assetto organizzativo ha assunto una configurazione davvero rivoluzionaria avendo azzerato i senior manager, ridotto gli organici, sfrondato gradini e ruoli, diminuito la burocrazia al minimo fisiologico, e adottato una nuova struttura a cerchi concentrici, al posto di una piramide rigidamente gerarchica.
Alla Semco non vengono tollerati privilegi come bar o aree di parcheggio esclusive per alti funzionari i cui stipendi devono poter essere conosciuti e mantenuti entro certi limiti. Trasparenza, condivisione ed accessibilità alle informazioni costituiscono una regola aurea del modus vivendi aziendale.
Delegando funzioni, assegnando alla base diritto di voto sulle decisioni importanti, ammettendo che i responsabili vengano sottoposti al controllo dei lavoratori, non considerati alla stregua di strumenti di produzione ma adulti responsabili, il risultato è meno conflitto e maggiore produttività.
Incoraggiando i manager a scambiarsi fra loro le mansioni, permettendo che massimi dirigenti e maestranze possano fissare essi stessi la loro retribuzione, incentivando la formazione a tutti i livelli, si ottiene alla fine più qualità e accresciuta capacità di competere sul mercato.
Contro una mentalità arcaica che sopravvive all’avanzamento tecnologico, persistendo nel campo imprenditoriale, Semco in poche parole propone un’alternativa in cui il destino dell’azienda sia affidato ai dipendenti. Singolarità irripetibile? Esempio improponibile? Pensatela come volete ma la Semco esiste e continua a prosperare.