L’instaurazione del rapporto di lavoro dirigenziale (parte II)

di Carmine Perruolo

2 Novembre 2009 08:00

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Analisi delle modalità attraverso cui il lavoratore può essere assunto o promosso a grado di dirigente (parte II)

Si ritiene, come detto, che il datore di lavoro non possa far svolgere ai lavoratori già suoi dipendenti un periodo di prova finalizzato alla promozione di questi ultimi al grado di dirigente.

Difatti, in tali ipotesi, il datore è già in grado di valutare le capacità professionali del lavoratore. La verifica delle capacità professionali, invece, sarà opportuna e costituirà l’oggetto specifico della prova per i lavoratori di nuova assunzione.

Da rilevare, altresì, che seppure non esistesse una disposizione regolamentare che limitasse la discrezionalità del datore nell’assunzione, obbligandolo a scegliere di norma tra i propri lavoratori, parte della giurisprudenza ritiene illegittimo il comportamento di colui che abbia proceduto ad assunzioni fuori da tale ambito, senza aver preliminarmente valutato i titoli e le qualità dei dipendenti inquadrati nelle categorie inferiori. Comunque, in molti casi, è la stessa contrattazione collettiva a limitare la discrezionalità del datore nell’ipotesi in cui si renda necessario acquisire forza lavoro che debba svolgere mansioni di rango dirigenziale o comunque di grado superiore, al fine di garantire e tutelare la crescita professionale di chi sia già dipendente.

Risulta importante rilevare come sia prevista la diretta applicabilità del contratto collettivo di riferimento nel caso in cui entrambe le parti del rapporto di lavoro abbiano aderito alle associazioni sindacali stipulanti. In caso contrario, sarà necessario che le parti facciano espresso riferimento al relativo contratto collettivo per avere l’ applicazione integrale di esso con le sue, eventuali, successive modifiche.

Al lavoratore pretermesso, in ogni caso, è data la possibilità, ai fini della quantificazione del danno per perdita di opportunità, di poter adire il giudice al fine di ottenere la tutela dei propri diritti e, nel caso, il riconoscimento della qualifica che avrebbe dovuto ricoprire.

Analoga tutela è prevista per il lavoratore che ricorra in giudizio al fine di ottenere un avanzamento di grado, assumendo e dimostrando di svolgere o di aver svolto, per un determinato periodo (per un lasso di tempo corrispondente a tre mesi continuativi o al minor termine fissato dai contratti collettivi, secondo quanto previsto dall’art. 2103 c.c.), mansioni rientranti in una qualifica superiore rispetto a quella riconosciuta.

Nelle assunzioni dei dirigenti tramite concorso, il  bando (le cui disposizioni costituiscono la c.d. “lex specialis” della “competizione”), ove contenente gli estremi del contratto che sarà concluso con i soggetti idonei, costituirà un’offerta al pubblico, secondo quanto previsto dall’art. art. 1336 c.c.. In ogni caso, l’applicazione dei criteri di selezione indicati dall’azienda e la sussistenza o meno negli aspiranti dei requisiti stabiliti è sindacabile dal giudice, anche per quanto riguarda la correttezza e la buona fede che deve essere utilizzata dalla commissione giudicatrice nella formazione della graduatoria.

La commissione, comunque, è sempre tenuta a motivare adeguatamente tutti i provvedimenti relativi alla formazione della graduatoria; in caso contrario, il lavoratore che si senta ingiustamente leso, potrà adire il giudice al fine di ottenere la giusta tutela delle sue posizioni.

Nel caso in cui il datore abbia riconosciuto l’illegittimità della graduatoria, e quindi l’abbia annullata, o abbia preso atto dell’annullamento, bandendo un nuovo concorso, si avrebbe, con effetti retroattivi, il completo ripristino della situazione di partenza per ogni lavoratore.