Secondo i dati del Politecnico di Milano presentati al Convegno Netcomm del 10 novembre 2009, le aziende italiane generano grazie al Web vendite al consumatore finale per circa 5,8 miliardi di euro: un dato stabile (+1%) rispetto al 2008 nonostante la crisi ed i limiti dell’e-commerce più volte sottolineati nei nostri primi contributi e nonostante le tante iniziative promozionali attivate nel 2009 dal mondo offline.
I servizi rimangono l’area più rilevante con il 66% del volume d’affari, un dato tradizionale per il nostro Paese che fa emergere i ritardi e le inefficienze della logistica, delle spedizioni e della supply chain. Il turismo, che rappresenta il 51% del totale (in Europa mediamente il 39%), descresce rispetto al 2008 del 3% a causa di una diminuzione dello scontrino medio soprattutto per politiche di prezzo aggressive da parte degli operatori che hanno in tal modo provato a reagire alla crisi delle prenotazioni.
L’e-commerce di prodotto invece aumenta nel numero degli ordini (+19% rispetto al 2008) e tiene sul fronte dello scontrino medio (-1%) ma presenta punte di crescita soprattutto nell’elettronica di consumo (+7% al 10% del totale) ed ancor più nel’abbigliamento (+42% al 6%): quest’ultimo ambito in particolare falsifica ancora una volta i limiti troppo spesso attribuiti all’esperienza di acquisto online e premia l’approccio multicanale delle grandi marche e il successo di modelli nativi sul Web.
L’abbigliamento si dimostra inoltre vincente in una logica di internazionalizzazione, generando il 52% del proprio fatturato all’estero, a fronte del semplice 21% sviluppato dal turismo evidentemente ancora troppo dominato da grossi player internazionali che fanno del nostro Paese un mercato prevalentemente di sbocco. L’Italia ha di conseguenza un deficit commerciale in perdita con uno speso online dei nostri concittadini pari a 6,6 miliardi di euro: dato che dimostra la carenza dell’offerta italiana, ma anche l’opportunità per il manager che sappia coglierne l’opportunità con innovazione e competitività.
Oltre i dati quantitativi, emerge una forte richiesta da parte di quei 7,6 milioni di navigatori italiani che, secondo Gfk Eurisko, si dichiarano pronti a fare il primo acquisto sul Web: la possibilità di ritirare il prodotto presso il punto vendita è seconda, in termini di importanza percepita, solo al ruolo che può essere giocato dalla marca e che, in quest’ambito, si traduce soprattutto in una rinnovata fiducia per il consumatore. Il manager che intenda misurarsi con le vendite online dovrà pertanto saper ben dosare i valori retrostanti il proprio brand, le sinergie attivabili con la piattaforma di distribuzione fisica ed i fattori critici di successo tradizionalmente tipici dell’e-commerce: l’assortimento, l’usabilità del sito, l’assistenza, la comodità, la convenienza.
Il mercato rimane fortemente concentrato (72% del totale) fra i primi 20 operatori dei quali 15 appartengono al settore turistico. Fra gli altri spicca Yoox, prossima allo sbarco a Piazza Affari, la cui penetrazione sui mercati esteri è anche la ragione dell’internazionalizzazione della categoria merceologica in cui è inserito. Interessanti sono inoltre le esperienze di alcuni tour operator (Alpitour, Eden Viaggi, Costa Crociere), che recentemente hanno dimostrato una propensione verso l’online capace di colmare il ritardo accumulato negli anni passati, e delle cosiddette “vendite private” gestite dagli shopping club che, come indicato nel corso dell’ultimo contributo, hanno saputo accostare alle tecniche dell’email marketing l’attrattività dell’acquisto di impulso di prodotti di marca fortemente scontati.
L’e-commerce italiano continua pertanto nonostante la crisi e forse, almeno parzialmente, grazie alla crisi, la sua costante crescita non solo dal lato della domanda (6 milioni sono oggi gli italiani che comprano online), ma anche dal lato dell’offerta con brand importanti che hanno iniziato la loro attività di e-commerce, con realtà native ormai solide e consistenti (Internet Bookshop chiuderà il 2009 con un fatturato di 45 milioni di euro) e con modelli di business nuovi e originali. Rimane limitata la penetrazione presso la PMI certamente affetta dai freni dimensionali della ricerca e sviluppo, del technology transfer, del digital divide.
Oggi però fare e-commerce presenta costi di investimento estremamente limitati ed il conflitto di canale ha modelli di sinergia efficaci che possono essere presi ad insegnamento: le ricerche come quella del Politecnico sono un ulteriore stimolo per il manager che sappia guardare all’online come un ormai imprescindibile strumento di servizio al proprio cliente ed un canale distributivo efficiente ed a portata di mano per la propria impresa.