Le infrastrutture, l’innovazione, l’istruzione. Sono questi i punti su cui l’India deve maggiormente lavorare per vincere la sfida della competitività globale secondo gli esperti internazionali riuniti a Nuova Delhi dall’8 al 10 novembre scorso, per l’annuale summit dedicato al paese asiatico organizzato dal World Economic Forum.
Secondo le stime fornite al vertice, dopo cinque anni di crescita al 9%, l’economia indiana ha segnato un’espansione del 6,7% nel 2008-2009 e si prevede un +6,5% alla fine del 2010, e poi un ritorno al ritmo del 9%. Il paese «ha tutto ciò che occorre per decollare», ha spiegato Montek S. Ahluwalia, presidente della commissione Pianificazione, nonchè economista di fama internazionale (fa parte, fra l’altro, del Group of Thirty).
L’India è al 49esimo posto fra i 133 paesi che compongono l’indice globale della competitività del Wef, dimostra di avere forze competitive nei settori della “business sophistication” (in sintesi, l’efficienza del business), dell’innovazione, dello sviluppo del mercato finanziario. Può contare su istituzioni che funzionano abbastanza bene. Ma deve sviluppare settori basilari, come le infrastrutture, la salute, l’educazione primaria. La diffusione dell’information e communication technologies resta molto bassa rispetto agli standard internazionali. La burocrazia, l’eccesso di regole e la corruzione limitano il funzionamento dei mercati, soprattutto quello del lavoro.
Secondo Lars H. Thunell, vice presidente e Ceo dell’International Finance Corporation (istituzione della Banca Mondiale a sostegno degli investimenti privati nei paesi in vai di sviluppo), l’India ha attraversato la crisi «in un modo eccellente» se paragonata ad altri paesi, ha «una classe media emergente e c’è potere d’acquisto alla base della piramide sociale». Secondo Rajat M.Nag, ad dell’Asian Development Bank, nel paese «c’è abbastanza denaro, ma le leggi devono essere implementate in modo più efficiente e concreto», il tasso di crescita del 9% sul lungo periodo è sostenibile e «l’India nell’arco di una generazione, ovvero in circa 30 anni, sarà una società ricca».
E ancora, Kalpana Morparia, Ceo di Jp Mogan India, ritiene che si debba espandere il settore finanziario per raggiungere il 9% di crescita. La manager ha spiegato che il 40% della rete bancaria si trova nella zone rurali e copre solo il 6% dei villaggi. Il paese deve lavorare sull’innnovazione: «non parliamo di una agenzia in ogni villaggio, ma di un’agenzia nella tasca posteriore (o nel sari) di ogni individuo».
Al vertice hanno partecipato più di 800 leaders dell’industria, della politica, della società civile, dell’università, provenienti da oltre 40 paesi. Carlos Ghosn, Ceo di Renault e Nissan, nonchè membro del foundation board del Wef, ha spiegato che il governo indiano dovrebbe semplicemente portare avanti i suoi piani, per esempio l’obiettivo di costruire 20 km di strade al giorno. Indra Nooyi, Ceo di PepsiCo Usa, parlando dell’importanza del lavoro femminile e dell’istruzione delle ragazze, ha definito «un imperativo» la necessità di incontri specifici fra i rappresentanti del governo e della società civile per rendere questo tema una priorità. Baba N.Kalyani, numero uno di Bharat Forge, ritiene urgente portare l’energia ai circa 400 milioni di indiani che non ce l’hanno, possibilmente in modo responsabile dal punto di vista ambientale.
Ha rincarato la dose William D. Green, Ceo di Accenture, secondo cui «l’industria che opera nel rispetto dell’ambiente è un settore su cui il paese può concentrarsi e specializzarsi».
Una survey di PriceeaterhouseCoopers fra i Ceo in India disegna un quadro di ottimismo. “Il 63% degli intervistati si è definito molto fiducioso sulle prospettive di crescita di fatturato nei prossimi 12 mesi” ha spiegato il coautore dello studio Jairaj Purandare, aggiungendo che i top manager sono anche «realisti e capiscono di avere delle sfide di fronte». Il direttore generale della Confederation of Indian Industry, Chandrajit Banerjee, ritiene che il paesi sia «una destinazione favorevole per il commercio e gli investimenti internazionali».