Il rapporto di lavoro dirigenziale implica un rapporto profondamente fiduciario con il datore di lavoro. Conseguentemente, a differenza di altri lavoratori, il dirigente potrebbe essere chiamato ad assumere delle cariche sociali che importano un potere gestorio ed amministrativo in senso ampio; in tali casi si profilano tutta una serie di problemi in relazione alla duplice natura del rapporto che viene ad instaurarsi.
Difatti, in capo ad uno stesso soggetto potrebbero venire a configurarsi due diversi rapporti giuridici: uno di lavoro subordinato, afferente alla qualifica di dirigente; l’altro di lavoro autonomo, afferente al riconoscimento di poteri amministrativi.
Generalmente viene pacificamente ammessa la compatibilità delle due cariche. La cumulabilità nello stesso soggetto della carica di amministratore e della figura di lavoratore subordinato nell’ambito della stessa impresa va affermata «ove sia accertato in concreto lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, con l’assoggettamento ad effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare» (Cass. civ. Sez. lavoro, 25-05-1991, n. 5944).
In sostanza viene ammessa la cumulabilità dei due rapporti quando questi siano regolati da atti distinti, non vengano a crearsi conflitti di interessi ed il soggetto interessato svolga mansioni diverse da quelle attinenti la carica sociale; mansioni che devono poter essere inquadrate nell’ambito della subordinazione.
In realtà la dottrina ha sostenuto che le due prestazioni possano essere oggetto anche di un unico contratto classificabile come contratto misto. Tale possibilità è da ritenere ammissibile purchè i due tipi di prestazioni rimangano, in ogni caso, su un piano nettamente distinto.
In caso di controversie, quindi, il giudice sarà chiamato ad eseguire l’accertamento di tutte quelle condizioni che caratterizzano il rapporto di lavoro subordinato ed autonomo al fine di consentire l’applicazione delle relative norme, soprattutto di quelle di natura previdenziale poste a tutela del lavoratore subordinato.
È da evidenziare che vi sono delle specifiche limitazioni alla cumulabilità dei due rapporti. Infatti, l’amministratore unico di una società non potrà mai essere allo stesso tempo dipendente della medesima; ciò per la necessità di evitare che nello stesso soggetto si concentrino il potere di esprimere la volontà della società, di dare ad essa esecuzione, nonché di effettuare il relativo controllo sulla stessa attività.
Una simile fattispecie appare, quindi, non configurabile, in quanto non potrebbe attuarsi il potere di controllo ed il potere disciplinare (seppur attenuato nel caso del dirigente) che è elemento connaturato al rapporto di lavoro subordinato.
Per quanto riguarda il compenso dell’amministratore, bisogna far riferimento all’art. 2389 c.c. che dispone: «i compensi e le partecipazioni agli utili spettanti ai componenti il consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti nell’atto costitutivo o nell’assemblea».
La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che l’amministratore/dirigente abbia diritto al compenso anche in assenza di specifiche statuizioni o di deliberazioni assembleari.
Trattandosi di un diritto disponibile vi sarà, comunque, sempre la possibilità del dirigente di rinunciare o in caso contrario di pretenderlo; in tale ottica si spiegano le frequenti attribuzioni di cariche gratuite al personale che rivesta incarichi di natura dirigenziale.