Parlando nel contributo precedente di affiliazione, ne abbiamo rilevato l’affinità con meccanismi tipici del mondo offline, la rappresentanza o l’agenzia, modelli che si basano su una remunerazione del partner commerciale di tipo provvigionale. E certamente il Web ha saputo, e saprà ancor più nel futuro data la ormai inesorabile convergenza dei mezzi di comunicazione e delle modalità di distribuzione, avvalersi di esperienze del commercio fisico per proporli anche online, ma sempre con un atout particolare in virtù delle caratteristiche specifiche del mezzo e dell’originalità delle aziende pure player Internet.
Fra questi modelli di contaminazione, appare oggj particolarmente di successo il caso dei “club outlet” o degli “shopping club”, operatori che hanno saputo trarre dall’outlet fisico lo spunto commerciale (e forse ancor più di marketing) della vendita di stock “last season” di prodotti di marca a prezzi scontati e vi hanno accostato la logica della “vendita privata”, nel loro caso circoscritta ad un numero limitato di utenti membri registrati al sito, proveniente dal vecchio schema degli spacci aziendali.
Ne è emerso uno strumento vincente, tanto dal lato del consumatore quanto dal lato dell’azienda produttrice o distributrice che ha così un canale particolarmente efficace non solo nello smaltimento degli stock, ma anche nella sperimentazione di collezioni nuove e prodotti particolari. E’ in realtà un modello ancor più vincente per il club outlet stesso che oggi può sfruttare l’effetto dell’acquisto d’impulso tipico del’online e qui giustificato dai fattori marca e prezzo per allargare la propria utenza ben al di là un club ristretto. Tale esclusività rimane però un elemento centrale nella proposizione di valore lato utente e la possibilità di accedervi solamente attraverso un invito ne aumenta l’attrattività anziché costituirne un limite.
Visto dal lato del manager della marca quindi il modello è chiaramente interessante anche perché replica lo strumento sempre più utilizzato del “temporary store” e supera brillantemente e con originalità il conflitto di canale pur rimanendo all’interno di un modello provvigionale che garantisce certezza di profittabilità e limitati oneri logistici che sono perlopiù a carico del club outlet. L’interesse dello strumento è infine dato dalla possibilità di testare il commercio elettronico nel suo complesso e nel comprendere l’affinità del brand con gli utenti Internet e della propria offerta con la vendita a distanza.
I club outlet, che hanno iniziato la loro strada di successo in Francia, sono oggi al centro dell’attenzione anche in Spagna, Germania e Italia dove continuano a crescere in termini di membri registrati e vendite grazie ad un indiscutibile appeal anche nei confronti dei consumatori che apprezzano il servizio e quindi consentono ai club outlet la conclusione di accordi vantaggiosi con portali, siti di e-commerce ed altri operatori che per loro natura sono in grado di veicolare traffico e monetizzarlo grazie ad accordi di co-marketing basati sulla condivisione del valore generato.
Più in generale, l’esempio di questi club ricorda in qualche modo l’impatto che le compagnie aeree low-cost e le assicurazioni online ebbero sul mercato: anch’essi costituiscono un incentivo per l’utente ad utilizzare l’online per acquisti sempre più coinvolgenti (come l’abbigliamento, la moda, la casa) ed in grado di aumentare il tasso di fiducia presente nel sistema. Inoltre, il business model esistente con la marca fa sì che sempre più aziende testino e sfruttino l’e-commerce come canale distributivo tatticamente e strategicamente. Il risultato è un anno, il 2009, in cui l’abbigliamento continua a crescere ed in cui non passa settimana senza che un nuovo importante produttore che, convinto da test precedenti, decida di attivare le sue vendite sul Web.
Club outlet, temporary store online, siti di e-commerce proprietari: al manager innovativo non resta quindi che scegliere ed organizzare adeguatamente la propria struttura all’interno di una strategia di marketing e comunicazione complessiva e coerente e che sappia evidentemente tener conto non solo delle 4 vecchie P di Jerome McCarthy: prezzo, canale distributivo, prodotto e promozioni sono oggi messi profondamente in discussione dal Web e nello stesso tempo amplificati nelle loro nuove potenzialità. Allo stesso modo diventano protagoniste online le tre nuove P del marketing relazionale: i processi organizzativi, le persone coinvolte all’interno della catena del valore ed infine l'”evidenza fisica” della propria comunicazione, tutti ambiti che nel commercio elettronico in particolare non possono che essere all’altezza della reputazione della propria marca per rappresentarne una nuova frontiera di successo piuttosto che causarne un potenziale effetto boomerang.