Dopo la crisi, come puntare sui talenti

di Barbara Weisz

8 Marzo 2010 14:30

logo PMI+ logo PMI+
I consigli di NortgateArison sulla ricerca di nuove risorse e sulla valorizzazione di quelle interne. Una corretta gestione di questi processi migliora le performance e la produttività

Fra le conseguenze della crisi degli ultimi anni c’è sicuramente la disoccupazione che, secondo la maggior parte degli osservatori e delle istituzioni, a partire dalla Bce, è destinata a salire in Eurolandia nel corso del 2010. Nonostante questo, e anzi forse a maggior ragione in un momento in cui devono fronteggiare nuove sfide, le aziende continuano a ricercare i talenti.

Un compito che però non è facile, anche perchè la recessione ha mutato le percezioni e le aspettative. Le imprese, e in particolare i responsabili della risorse umane, devono essere in grado di operare di fronte a questi cambiamenti. L’analisi è di Nortgate Arinso, società di consulenza specializzata in HR, che ha messo a punto una serie di consigli per affrontare le nuove sfide.

Innanzitutto, l’importanza della reputazione. La crisi ha comportato un danno d’immagine per una serie di settori, per esempio quello finanziario. Una «percezione negativa, una volta diffusa, è molto difficile da modificare e potrebbe scoraggiare i migliori talenti». Dunque, per una sana politica di reclutamento, è strategico considerare come gli attuali e i futuri dipendenti percepiscono l’azienda.  

Un modo efficace per inserire nuovi talenti è l’assunzione di laureati. Anche qui, bisogna fare attenzione a come sono cambiati il mercato e le abitudini delle persone. Per esempio dedicando attenzione ai social media, perchè è facile che i laureati utilizzino Internet in generale, e canali come Facebook, SecondLife, Linkedin o Twitter per dare visibilità al proprio profilo. Le aziende devono presidiare questi canali, e utilizzare questi strumenti. Sempre per valorizzare la cosiddetta generazione Y è importante puntare sui programmi di apprendistato per i giovani, utili per individuare le persone che meglio possono rispondere alle esigenze della società.

Ma non bisogna dimenticare i talenti interni, anzi. Sebbene questo possa apparire scontato, «ben poche organizzazioni riconoscono o gestiscono bene questo processo», scrivono gli esperti di NorthgateArinso. Il problema è che «i manager adottano spesso un’ottica di breve periodo quando si tratta di assumere, gestire le performance o sviluppare le carriere».

Ogni organizzazione dovrebbe invece sviluppare piani di revisione e valutazione delle risorse esistenti. Una ricerca dell’Aberdeen Group del 2008, “strategies in workforce planning: using talent acquisition and performance management programs to meet tomorrow’s business needs”, rileva che le organizzazioni considerate migliori nella gestione dei talenti sono in grado di aumentare la fedeltà del dipendente del 31%, le performance del 27% e la produttività del 23%.

Le aziende dovrebbero quindi tenere presente che uno dei fattori chiave per uscire dalla crisi sarà proprio l’aver ripensato l’approccio al processo di gestione dei talenti e averlo adattato ai nuovi modi di lavorare.