Un filosofo “capace di stare al mondo”. È questa la mission che caratterizza la cattedra di Filosofia della Scienza creata nel 2005 da Don Luigi Verzé all’interno del San Raffaele di Milano.
In Italia rappresenta una vera e propria rarità ed ha visto, a pochi anni dalla nascita, crescere in maniera esponenziale il numero degli iscritti. Tra i primi docenti preposti all’insegnamento ci fu anche Massimo Cacciari, attuale sindaco di Venezia.
Il preside della facoltà, il professor Michele Di Francesco, in una semplice definizione, ne ha sintetizzato in maniera efficace lo scopo, che è quello di «restituire concretezza e pertinenza alla filosofia rispetto alle questioni urgenti del nostro tempo».
E non c’è nulla di più concreto, nel mondo di oggi, di una nuova generazione di filosofi che sappiano lavorare, con lo spirito e gli strumenti del pensiero logico, dentro le grandi multinazionali, dentro le aziende, negli uffici, nelle istituzioni politiche, nei luoghi dove si forma il consenso e dove si governa la complessità del mondo moderno, globale e post-ideologico.
Si tratta, per dirla con le parole di Roberto Mordaci, un altro dei professori fondatori della facoltà, di «usare gli strumenti della filosofia, e si tratta di strumenti che l’uomo utilizza e affina da oltre tre millenni, per creare una nuova classe dirigente, libera, consapevole, colta, attenta e sensibile ai bisogni e non indifferente ai valori».
La nuova figura che esce dalla facoltà sa lavorare nei settori più disparati, in banca, nella finanza, nella pubblica amministrazione poiché conosce il diritto e l’economia, la genetica e l’antropologia, e quindi può essere impiegato all’Eni come a Mediobanca, a Mediaset come alla Apple Italia.
Il ritorno alla filosofia classica insomma, usato per ridare linfa vitale alle scienze ed al loro ruolo nella gestione di un’azienda conforme ad una realtà diventata sempre più complessa, globale e instabile. Questo approccio multidisciplinare per meglio gestire l’organismo azienda è sintomatico di una realtà che cambia e che ci obbliga a fare i conti con alcune novità.
Innanzitutto una cultura puramente ingegneristica, tecnologica ed economica non è più sufficiente per comprendere e gestire la complessità dell’impresa. In questo continuo divenire si impone la capacità di apprendere nuovi saperi ed una apertura mentale in grado di comprendere e soddisfare gusti, sensibilità e culture tra loro molto diverse.
Nell’azienda le persone hanno un ruolo fondamentale così come le loro conoscenze e le loro esperienze. Il management attuale si basa su un apprendimento continuo e finalizzato allo sviluppo di capacità creative, elementi di innovazione costante e abilità nell’adattarsi a cambiamenti. In sostanza, non esistono quindi più modelli di riferimento unici ma ogni dirigente d’azienda deve sapersi costruire il proprio.