Fra le imprese prevale la fiducia

di Barbara Weisz

9 Aprile 2010 14:30

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È uno dei primi dati che emergono dalla due giorni di Confindustria a Parma sulla situazione del paese e sulle ricette anticrisi. L'importanza delle medie imprese. Trichet positivo sull'Italia

Il 60% delle imprese italiane ha risposto alla crisi investendo. E un altro 12,9% ha intenzione di farlo. Sono alcuni risultati del sondaggio della Demos and Pi per Confindustria, presentato oggi pomeriggio a Parma nell’ambito della due giorni “Libertà e Benessere, l’Italia al futuro”.

Un convengo organizzato dall’associazione di Viale Astronomia che vede la partecipazione di esponenti di primissimo piano del mondo imprenditoriale, finanziario, produttivo e politico nazionale e internazionale: fra gli altri, il commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia, il direttore generale del Wto, Pascal Lamy, economisti come Nouriel Roubini (New York University) e Mario Monti, presidente della Bocconi, industriali e manager, come Marco Tronchetti Provera e Sergio Marchionne, banchieri centrali, come il numero uno della Bce Jean Claude Trichet, i ministri dell’Economia, Giulio Tremonti e del Lavoro, Maurizio Sacconi. E domani chiuderanno i lavori il capo del Governo, Silvio Berlusconi e la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.  

Partiamo dalla fotografia emersa dal sondaggio, i cui risultati sono stati anticipati oggi dal Sole24Ore. La ricerca si divide in due parti, una sugli imprenditori (620 titolari di aziende con più di 10 addetti), l’altra sui cittadini comuni (un campione di 2206 persone con più di 15 anni). A entrambi sono state poste domande sulla percezione della crisi e sulle reazioni.

Gli industriali, non nascondono le preoccupazioni. Il 46,9% crede che la competitività dell’Italia sia scesa, il 57,3% ritiene che ci vorranno almeno due anni per uscire definitivamente dalla crisi. Ma fondamentalmente prevale l’ottimismo. Il 52,5% degli imprenditori pensa di riuscire a migliorare. I fattori decisivi per la crescita sono ritenuti, oltre agli investimenti di cui si è detto, l’innovazione di prodotto e di processo, 90%, una maggiore aggressività commerciale, 86,6%, l’ingresso in nuovi mercati, 64,1%, la promozione del marchio, 61,2%. È interessante notare come gli industriali del manifatturiero, che son i piu’ preoccupati e soffrono particolarmente la concorrenza internazionale, sono quelli che spingono maggiormente su innovazione (5% in più della media) e nuovi mercati (9 punti sopra la media).   
Fra le esigenze che emergono, fisco meno pesante, pubblica amministrazione più efficiente, infrastrutture adeguate, accesso al credito, miglior livello di concorrenza nel paese (lo chiedono il 62,9% delle aziende e il 66,7% delle persone). Viene confermata la tendenza, emersa anche in altri sondaggi, di una certa fiducia della gente nel mondo delle imprese, soprattutto le Pmi.

A questo proposito, tornando ai lavori di Parma, si segnala un volume, dal cui titolo prende nome il convegno, scritto da Fulvio Coltorti, responsabile area studi di Mediobanca e docente a Firenze. Il lavoro sottolinea l’importanza nell’economia italiana della cosiddetta “quarta via” rappresentata dalle medie imprese radicate sul territorio ma capaci di competere su scala globale. Una ricetta, la loro, che potrebbe essere quella vincente per uscire dalla crisi, controbilanciando la perdita di competitività della grande industria. Fra i punti critici, la scarsa diffusione di queste aziende nel Centro Sud.

Quanto alle questioni “sistemiche”, che riguardano l’intera Europa (e non solo), si segnala l’intervento, previsto per domani, del presidente della Bce Jean Claude Trichet. Il quale, anticipando le proprie linee di fondo, ha rilasciato oggi un’intervista al Sole in cui dimostra apprezzamento per l’Italia. La Pensiola, ha spiegato il banchiere centrale, non è assolutamente in una situazione paragonabile a quella della Grecia, e anzi «ha mostrato una certa resistenza in questo difficile periodo», è riuscita a «contenere il deficit pubblico annuo» e si «è impegnato a tornare in una situazione sostenibile secondo le regole europee». Trichet ritiene che comunque la crisi greca ha dimostrato che la partecipazione all’euro sia una scelta molto importante su cui i paesi e la stessa Unione devono riflettere: «è necessario un chiaro accordo bipartisan nei paesi che voglion entrare» fra i partner della monetra unica e soprattutto bisogna sapere che «non è possibile entrare o uscire dalla zona euro come si sale e si scende da un autobus».