Marea nera, i costi di un disastro

di Barbara Weisz

28 Maggio 2010 14:45

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Bp ha speso quasi un miliardo di dlr per l'emergenza, in mare fra i 12mila e i 18mila barili di greggio al giorno. Prosegue l'operazione "Top kill"

Ci vorranno altre 24-48 ore per sapere se “Top kill”, l’operazione per contrastare la fuoriscita di petrolio nel Golfo del Messico, avrà successo. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato di Bp, Tony Hayward, aggiungendo che resta un 30% di possibilità che la procedura non si riveli efficace. In estrema sintesi, il metodo per tappare la falla prevede l’immissione di fango e altri materiali nel pozzo e quindi un tappo di cemento.

Le operazioni sono riprese nella notte. Intanto Bp ha fatto sapere di aver già speso novecentotrenta milioni di dollari, circa settecentocinquanta milioni di euro, per bloccare la perdita. La cifra riguarda solo le misure per risolvere il problema, perché il disastro, in termini economici e ambientali, va ben oltre questi numeri. Si tratta, secondo le ultime stime degli esperti, della maggior perdita di greggio mai registrata nella storia americana: in mare finiscono fra i 12mila e i 18mila barili di petrolio al giorno, molto più dei cinquemila barili che la National Oceanic and Atmospheric Administration aveva stimato lo scorso 28 aprile. Se queste ultime misurazioni sono corrette, significa che in questi 38 giorni nelle acque del Golfo del Messico si sono riversati almeno 30 milioni di galloni di greggio, il triplo rispetto per esempio al precedente del 1989 in Alaska quando la petroliera Exxon Valdez si incagliò nello stretto di Prince William.
In quell’occasione la marea nera uccise diverse centinaia di migliaia di animali, e nel ’91 la Exxon Mobil fu condannata in sede civile e penale a pagare circa un miliardo di dollari di risarcimenti.

Tornando alla situazione attuale, se le operazioni in corso dovessero avere successo la perdita totale non sarebbe la più grossa di sempre, superata dai 140 milioni di galloni finiti in mare nel corso di nove mesi nel 1979, sempre nel Golfo del Messico, dalla piattaforma Ixtoc. Ma il semplice calcolo della quantità di petrolio che finisce in mare non è una dato rilevante preso da solo, nel senso che non fornisce una reale informazione sulla quantità dei danni, che dipendono invece da una serie di altri fattori, come la grandezza della falla e la velocità di fuoriuscita del petrolio, l’ambiente circostante e gli effetti su di esso.

E la marea nera che si espande al largo della Luoisiana è per usare le parole del presidente americano Barack Obama «un disastro senza precedenti». Per oggi pomeriggio, ora americana, è prevista una visita, la seconda da quando è iniziato il disastro, del presidente Obama. Nei giorni scorsi la Casa Bianca ha esteso di sei mesi la moratoria per le trivellazioni in acque profonde, ha sospeso le esplorazioni previste al largo dell’Alaska, ha cancellato alcune concessioni concordate o proposte per il Golfo del Messico e al largo della Virginia. E ha annunciato una commissione per indagare su quanto è successo.

Il motivo per cui sono state sospese le trivellazioni per sei mesi è proprio quello di dare il tempo alla comissione di fare il suo lavoro e permettere di stabilire come procedere in futuro. Obama ha anche licenziato Elizabeth Birnbaum, direttrice della Mining management services, l’agenzia che concede le licenze per la trivellazione e ispeziona le piattaforme. Ci sono state in questi ultimi giorni e settimane molte critiche relative ai rapporti trppo stretti fra l’agenzia e le compagnie petrolifere, critiche che non hanno risparmiato anche altri organismi, federali e statali, e anche il responsabile della guardia costiera.