Come rilevato da autorevoli voci nel settore, il business del futuro risiede, indubbiamente, nelle energie rinnovabili e nel cosiddetto “marketing territoriale” e turistico.
Carlo Befani, neo-imprenditore dopo una carriera da dirigente d’impresa, è uno degli esponenti della nuova generazione di manager che, attuando una sorta di scommessa personale, ha deciso di dedicarsi, anima e corpo, allo sviluppo della sua neonata creatura: LEVE. In un’intervista a 360 gradi cerca di raccontare, in breve, quella che definisce la “sua avventura”.
Dott. Befani, ci descriva in poche parole il suo progetto: in cosa consiste e a chi è diretto.
L’azienda di cui sono amministratore delegato, LEVE è costituita da una squadra di persone che hanno come interesse prioritario il territorio in cui viviamo. Quest’obiettivo si concretizza in attività di consulenza per lo sviluppo sostenibile degli spazi fisici e virtuali, con un’attenzione particolare alle energie rinnovabili ed alle infrastrutture tecnologiche, che rileggiamo con una visione innovativa come strumenti di marketing territoriale.
Il nostro “fiore all’occhiello” è Geonius, un progetto integrato di soluzioni a supporto delle politiche di marketing territoriale, che ci piace definire Free, in quanto gratuite, Smart, ossia belle, e Green poiché la loro caratteristica principale è la sostenibilità.
Il nostro target di riferimento sono gli Enti istituzionali di prossimità ai quali siamo in grado di fornire, grazie ad una consistente rete di partner tecnologici, tutte le soluzioni necessarie per uno sviluppo sostenibile: dalla banda larga all’energia, dai canali di promozione alle localizzazioni d’impresa, dall’arredo urbano agli ecomusei, e via discorrendo. Si tratta, in sostanza, di un prodotto molto innovativo, soprattutto per quanto riguarda il modello di business.
Come ha intrapreso questa strada?
Dopo 20 anni di attività in azienda, di cui gli ultimi 10 da dirigente e direttore generale in medie aziende tecnologiche, negli ultimi 2 anni è cresciuta in me l’esigenza di sviluppare un progetto imprenditoriale, e quasi naturalmente, vista l’esperienza e la passione, mi sono focalizzato sullo sviluppo sostenibile dei luoghi, puntando sul modello dell’integrazione e cioè mettendo in rete l’offerta di una serie di partner leader dei rispettivi mercati. Con la coscienza che sostenibilità ambientale deve essere coniugata a quella socioculturale ed economica.
Quali sono i vostri imminenti obiettivi?
Per il 2010 la nostra intenzione è quella di raggiungere e sottoscrivere accordi con venti comuni di medie dimensioni, ovvero dai 15.000 ai 100.000 abitanti, compresi nel territorio Lazio-Abruzzo-Marche-Umbria. Tra i nostri prossimi passi c’è poi anche ReQube: un sistema ad hoc per Enti pubblici, imprese e cittadini, la cui finalità è quella di progettare ed implementare una soluzione integrata “risparmia | rinnova | recupera | energia”, per produrre e fornire energia pulita ed efficienza nei consumi.
Perchè ha deciso di investire in questi settori?
Perché, secondo me, nell’energia e nella collaborazione sussidiaria tra pubblico e privato per lo sviluppo sostenibile, ci sono delle enormi potenzialità che per la maggior parte devono ancora essere esplorate.
Qual è il suo concetto di manager?
C’è manager e manager. Nella gran parte delle aziende italiane il manager è soprattutto una persona che applica decisioni prese dall’imprenditore, che molto spesso decide anche su temi strettamente operativi. In queste realtà egli può avere anche spazi importanti, ma sempre provvisori e indefiniti, e normalmente il rapporto fiduciario con la proprietà fa premio sulle competenze.
Nelle multinazionali, invece, è una figura immersa nella burocrazia, e soprattutto se la sede centrale è all’estero, sconta la scarsa fiducia che normalmente si ha nel sistema Italia. Complessivamente, credo che il manager tradizionale, ossia colui che programma, assegna e controlla, stia diventando una commodity destinata a diventare una figura di passaggio: dunque o si “imprenditorializza” oppure si inabissa nella burocrazia.
Cosa consiglierebbe a chi, come lei, decide di intraprendere la strada dell’imprenditoria?
Di certo non mi sento di dare consigli ad un futuro imprenditore, visto che sto imparando anch’io a farlo! Posso soltanto citare una frase che ho sentito dire a Jack Welch, per 20 anni CEO di General Electric, un esempio di manager diventato grande imprenditore: «non complichiamo le cose semplici: dobbiamo fare buoni prodotti che piacciono alla gente, venderli a prezzo equo, promuoverli con cura, consegnarli con puntualità. Alla fine, il mio mestiere non è tanto diverso da quello dell’ortolano che ha il chiosco all’angolo della strada».