Migliorare l’efficienza aziendale riducendo i costi di produzione attraverso una rigorosa organizzazione del lavoro: era questo, in estrema sintesi, il pensiero di Taylor.
Il taylorismo si basa su una ripartizione scientifica dei carichi di lavoro. La parcellazione delle mansioni esecutive permette di individuare e di assegnare compiti elementari ad ogni dipendente, in modo tale da ridurre i tempi di apprendimento dei lavoratori, aumentare la loro capacità nella esecuzione degli stessi e ridurre i costi di produzione.
Ovviamente tutto ciò comporta una notevole ripetitività dei compiti del dipendente che, se da un lato favorisce un aumento della produttività, dall’altro può provocare insoddisfazione nei lavoratori a causa della monotonia dei compiti eseguiti, con conseguente alienazione e incapacità di trovare un significato al lavoro svolto.
Per queste ragioni, nella progettazione della microstruttura aziendale, al pensiero di Taylor si è contrapposto un approccio così detto organicista o anche motivazionale che prevede un allargamento dei compiti del dipendente. Tra i criteri di organizzazione del lavoro proposti da tale orientamento vi è il cosiddetto job enlargement.
Con questa espressione si intende un allargamento orizzontale delle mansioni, quindi una ricomposizione di lavori frammentati con la conseguenza che il lavoratore svolge dei compiti più vari. Si tratta di una soluzione che si adatta soprattutto alla funzione di produzione e, in modo particolare, alle lavorazioni a catena.
Questa tecnica, impiegata per la prima volta alla fine degli anni quaranta, permette di rendere più vari i compiti svolti attraverso una combinazione di mansioni specializzate che presentano difficoltà simili. Così, ad esempio, due compiti consecutivi nel flusso logico-temporale del sistema parcellizzato possono essere riuniti tra loro garantendo una maggiore varietà del lavoro, senza incidere sulla professionalità con conseguenti effetti benefici sulla motivazione del dipendente, riducendo lo stress psico-fisico, moderando l’assenteismo e rendendo più elastico il processo produttivo.
Il principale vantaggio della job enlargement sarebbe, secondo i suoi fautori, una maggiore soddisfazione nello svolgimento delle proprie mansioni, maggiore motivazione del lavoratore e, dunque, anche una maggiore qualità del lavoro svolto.
Alcuni esperimenti compiuti soprattutto in fabbriche inglesi ed americane dimostrerebbero che, dopo un primo periodo di adattamento, si avrebbe addirittura un aumento della produttività da parte degli operai ai quali i compiti sono stati ampliati. Tuttavia, non sempre il solo allargamento delle mansioni è sufficiente a produrre effetti tangibili e duraturi sulle prestazioni lavorative.