L’impatto della crisi sul mondo del lavoro è stato pesante, per tornare ai livelli del 2007 nei 30 paesi più industrializzati del pianeta bisognerebbe creare 17 milioni di posti. Nel maggio scorso il tasso di disoccupazione, all’8,6%, ha toccato i livelli massimi dal dopoguerra.
L’Italia è in una situazione migliore rispetto a molte economie, la disoccupazione in maggio si è attestata all’8,7%, in aumento di due punti percentuali dal dicembre del 2007, ovvero dall’inizio della crisi, contro un incremento medio di 2,8 punti a livelli Ocse. Ma il rialzo si è verificato soprattutto nell’ultimo anno, periodo in cui è stato più forte rispetto alla media dell’1,2%. Nella Penisola resta inoltre molto basso il livello di occupazione, calato di 1,7 punti percentuali dall’inizio della crisi al 57,1%, il quarto livello più basso dopo quelli di Turchia, Ungheria e Messico. E anche gli stipendi sono fra i più bassi dell’area Ocse. Sono i punti maggiormente rilevanti dell’outlook 2010 sull’occupazione dell’organizzazione dei 30 paesi più sviluppati del mondo.
«La creazione di posti di lavoro deve essere una priorità per i governi», ha dichiarato il segretario Angel Gurria presentando il rapporto a Parigi, e sottolineando la difficoltà rappresentata dalla sfida di dover ridurre disoccupazione e deficit nello stesso tempo. Ma la questione va affrontata adeguatamente, perché «a dispetto dei segnali di ripresa in molti paesi, il rischio resta che milioni di persone perdano contatto con il mondo del lavoro» e «un’alta disoccupazione non può essere accettata come normale».
Ma vediamo i dati. Fra i partners Ocse come detto la disoccupazione è ai massimi dal dopoguerra. Nell’area Ocse ci sono 47 milioni di disoccupati, ma se si calcolano anche coloro che hanno smesso di cercare lavoro o i sotto occupati si arriva a circa 80 milioni. Ci sono differenze fra i diversi paesi. Negli Usa bisogna creare circa 10 milioni di posti, in Irlanda ne servono 318mila per tornare ai livelli pre crisi, che significa un posto per ogni cinque esistenti oggi, la Spagna ha perso 2,5 milioni di posti di lavoro.
In Italia per riportare l’occupazione ai livelli pre crisi servirebbero 657mila posti, ma secondo il rapporto «è improbabile» che la ripresa attuale porti a un significativo risultato in termini occupazionali nel breve termine. Le stime indicano che la percentuale dei senza lavoro resterà ai livelli attuali, o addirittura salirà, fino alla fine del 2011. Senza la cassa integrazione, che ha visto un aumento del 600% dal 2007, la disoccupazione sarebbe stata di 4 punti percentuali più alta.
E ancora: se il numero di ore lavorate non fosse sceso del 2,7%, il doppio rispetto alla media complessiva, la flessione dell’occupazione e l’aumento della disoccupazione sarebbero state molto più evidenti. Emerge un trend per cui se inizialmente a risentire della crisi sono stati i contratti atipici, nell’ultimo anno si sono posti soprattutto contratti a tempo indeterminato, -195mila nell’ultimo anno. E se la cassa integrazione finora ha tamponato la flessione, nei prossimi mesi quando «i lavoratori con sussidi esauriranno i loro diritti» la situazione potrebbe peggiorare.
Infine, gli stipendi. In Italia crescono più lentamente rispetto alla media, e sono agli ultimissimi posti fra le economie avanzate. Nel 2008 i salari italiano erano in maedia pari a 31mila 462 euro, in flessione dello 0,1% dal 2007, contro i 37mila 172 della media Ocse e i 37mila 677 dell’Europa. Dietro di noi solo Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Corea, Grecia e Spagna.