Fin da gennaio hanno fatto irruzione i timori riguardo alla sostenibilità dei deficit e dei debiti pubblici di alcuni paesi dell’Area euro, in particolar modo dei cosiddetti PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), a cui in America aggiungono anche l’Italia (da PIGS diventa PIIGS).
Anche la nuova correzione, iniziata sui principali mercati finanziari mondiali attorno al 27 aprile di quest’anno, è stata innescata principalmente a questi timori. Da questa correzione, a distanza ormai di più di due mesi, non si è ancora usciti, avendo registrato su molti mercati un andamento a “double dip”, a doppio avvallamento, che prefigura l’attuale e generalizzata fase di rimbalzo e di recupero.
Negli Stati Uniti il mercato del lavoro a giugno ha creato un numero di nuovi occupati inferiore alle attese, mentre le richieste di sussidi alla disoccupazione si confermano mediamente stabili, tuttavia l’ultimo dato, fornito l’8 luglio, ha mostrato una diminuzione delle richieste di sussidio di 21.000 unità, migliore delle attese.
La fiducia dei consumatori è andata nel tempo migliorando. Il mese di giugno ha registrato, rispetto a maggio, un aumento da 73,6 punti a 76,0 punti ovvero ai suoi più alti livelli dal gennaio del 2008. Gli economisti avevano atteso una conferma della stima preliminare di 75,5 punti.
Nonostante l’indice ISM manifatturiero e non manifatturiero degli USA sono calati entrambi dello 0,6 punti percentuali, il loro valore sopra i 50 punti segnala una crescita delle attività. L’insoddisfazione nasce, semmai, dal fatto che il ritorno alla situazione precedente la pesante recessione richiederebbe tassi di sviluppo sostenuti e duraturi.
Il recente summit di Toronto ha contributo a confermare i dubbi sulla forza del ciclo economico nei prossimi trimestri: in quella sede si è affermato che i debiti pubblici sono in crescita e che il processo in atto di contrazione dei deficit strutturali (con obiettivo di riduzione del 50% per il 2013) durerà molto tempo.
I governi saranno quindi impegnati in via prioritaria a ridurre le uscite e ad accrescere, seppure in modo meno incisivo, le entrate (ad esempio nel Regno Unito è previsto l’aumento al 28%dell’aliquota sul capital gain e si è proposto un aumento dell’Iva dal 17,50% al 20,0%: obiettivo finale è ridurre il deficit strutturale dai valori attuali superiori al 10,0% arrivando ad azzerarlo entro il 2015).
Il Baltic Dry Index (che segnala il costo del noleggio delle navi per il trasporto delle materie prime), che scrutavamo con tanta attenzione nei primi mesi del 2009 e che ci ha anticipato la ripresa economica passando dai 660 punti del dicembre del 2008 ai 4.300 del giugno del 2009, oggi è sceso a 2.350 punti rispetto ai 4.200 dello scorso maggio.
In conclusione, possiamo dire che per quanto riguarda le economie avanzate, il ciclo economico sembra destinato a restare sotto l’output potenziale ancora per diversi trimestri: gli scenari prevalenti indicano per gli Stati Uniti un ritorno del Prodotto interno lordo sopra il 3,5% annualizzato solo a fine 2011 con un sempre minor contributo della ricostituzione delle scorte già a partire da questo semestre; nell’ultimo semestre del 2010 il Pil potrebbe attestarsi mediamente intorno al 2,5%.
Nell’Area dell’euro la domanda interna dovrebbe mantenersi bassa e la crescita, a cui verrà a mancare anche la spinta propulsiva della spesa pubblica, trarrebbe origine quindi dal contributo delle esportazioni (questo renderà ancora più disomogenea la ripresa fra i diversi Paesi); i tassi di crescita dovrebbero confermarsi molto contenuti e compresi tra l’1,0% e l’1,5% per il prossimo semestre. Ancora più modesti i tassi di variazione annua del 2011, che nei quattro trimestri dovrebbero essere compresi tra lo 0,5% e l’1,2% con una sostanziale stagnazione nei valori trimestre su trimestre.
Per quanto riguarda il Regno Unito, il profilo della crescita dovrebbe essere in linea, anche nell’entità, con quanto riportato per l’Area euro nel suo complesso.
La ripresa “vera” quindi riguarderà ancora una volta i Paesi asiatici (che dovrebbero stimolare anche il Giappone, accreditato di un Pil con valori di variazione annua superiori al 3,0% per l’anno in corso ed intorno al 2,0% / 2,5% per il successivo) e i paesi emergenti. La Cina dovrebbe confermare valori superiori all’8,0%, l’India potrebbe esprimere tassi di crescita intorno al 9,0%.