Nel 1968, grazie all’idea, per certi versi geniale e innovativa della mente di Robert Propst, nasce l’Action space. Con l’intento di creare un ambiente libero da costrizioni, dove informazioni, idee e energia potessero circolare liberamente, si abbattono porte e muri e si creano singole postazioni, separate solamente da pannelli posticci.
L’idea, potenzialmente positiva, viene istantaneamente adattata alle esigenze di spazio e costi. Dall’intento originario di modernizzazione, attraverso la condivisione costruttiva dello spazio-lavoro, mantenendo la privacy e gli spazi originari degli uffici, si prosegue incessantemente verso l’ottimizzazione dell’ambiente in relazione a un numero sempre maggiore di risorse impiegate. Ogni postazione ha tutto ciò che occorre: pc, telefono, cancelleria, e magari una stampante. I perimetri vengono sfruttati al massimo con la conseguenza di aumentare la possibilità di interazione, esercitare un maggior controllo sul lavoro, avere meno perditempo, abbassare i costi di affitto, ergo maggiore profitto.
Apparentemente non fa una piega. Il concetto di Action space si traduce immediatamente in open space, e la superficie a disposizione del singolo è ridotta all’osso. Il risultato di questa innovazione è un ambiente dove la privacy è insufficiente, il brusio di sottofondo è una delle cause di deconcentrazione dei dipendenti, il contagio di malattie virali è maggiore.
Le celle dell’alveare rappresentano l’incubo dei dipendenti: si sentono continuamente sotto osservazione, chiunque può ascoltare una telefonata o vedere lo schermo del proprio pc, non possono gestire aria condizionata o ventilatore, fanno fatica a concentrarsi in quanto continuamente distratti da rumori, telefonate e chiacchere, senza contare che si ammalano più spesso.
Da una ricerca del Queensland University of Technology di Brisbane, in Australia, è emerso che «questi uffici hanno causato alti livelli di stress, conflitti, pressione alta e un elevato turnover del personale», come ha specificato il coordinatore dello studio Vinesh Oommen.
Concludendo, se da una parte si risparmia in termini strutturali, di affitto e arredamento, dall’altra è pur vero che i costi legati al personale e al loro rendimento aumentano vertiginosamente.