Quello che i rapporti previsionali dicono da qualche mese ora è un fatto: la perdita della Deepwater Horizon di Bp nel Golfo del Messico è il peggior disastro petrolifero di sempre. I dati sono stati forniti dalle autorità americane mentre la compagnia è alle prese con il nuovo tentativo di tappare definitivamente la falla, l’operazione Static Kill, iniziata oggi.
È pari a 4,9 milioni di barili, corrispondenti a 780 milioni di litri, la quantità di greggio che si è riversata in mare nei 105 giorni tracorsi dal 20 aprile, giorno dell’incidente. Di questi, 800mila barili, ovvero 127 milioni di litri, sono stati recuperati, a cui bisogna aggiungere una cifra imprecisata di greggio smaltito dagli oltre sette milioni di solventi che sono stati utilizzati per arginare i danni.
I precedenti più gravi sono quelli della piattaforma Ixtoc, nella baia di Campeche nel 1979, con 3,3 milioni di barili, e della Exxon Valdez, nel 1989, in Alaska, che si fermò, si fa per dire, a 257mila barili. Resta più pesante il bilancio della perdita avvenuta nel Golfo Persico del ’91, che però non fu un incidente, ma una ritorsione bellica durante la Guerra del Golfo, quando le autorità irachene aprirono i rubinetti degli impianti causando la dispersione in mare di 6 milioni di barili di petrolio.
La perdita è stata dunque più grave rispetto ai 1000-5mila barili al giorno inizialmente stimati da Bp: il team di esperti voluto dalla Casa Bianca ritiene che fino allo scorso 15 luglio, giorno in cui è stato tappato il pozzo, siano finiti in mare in media 53mila barili di greggio al giorno, anche se in realtà ci sono stati momenti in cui il getto era più consistente e altri in cui invece era ridotto, a seconda dell’andamento delle operazioni di soccorso che si sono succedute.
Stabilire l’esatta quantità di petrolio che si è riversata in mare è importante non solo per avere una stima precisa dei danni dal punto di vista ambientale, ma anche in relazione ai riflessi economici sulla compagnia petrolifera. Le leggi federali americane stabiliscono che le società paghino come risarcimento una cifra che va da 1100 a 4mila300 dollari per ogni barile (la maggiore e minore entità della “multa” dipende dalle eventuali negligenze rilevate).
Quindi, basandosi sulle ultime misurazioni della perdita, Bp potrebbe sborsare un totale che va da 4,5 ai 17,6 miliardi di dollari. Intanto oggi parte “Static Kill”, operazione che se tutto va bene dovrebbe consentire la chiusura permanente del pozzo sottomarino (quella portata a termine il 15 luglio è una soluzione temporanea).
La procedura è simile a quella provata nei mesi scorsi e chiamata Top Kill, e consiste nell’iniettare nel pozzo quantità di fango e cemento tali da tappare definitivamente il pozzo spingendo il petrolio nel giacimento. Prima si effettuano una serie di test, quindi si parte con l’operazione vera e propria che dovrebbe durare una sessantina di ore.