Da Obama all’euro, i Transatlantic Trends 2010

di Barbara Weisz

16 Settembre 2010 12:30

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Il rapporto che misura il sentimento dell'opinione pubblica americana ed europea sui principali temi politici ed economici dell'agenda mondiale

Il presidente americano Barack Obama continua ad essere molto popolare in Europa dopo 18 mesi di mandato.

Raccoglie anche la maggioranza dei consensi negli Usa, dove però pesano le differenze di sentimento fra democratici e repubblicani. I cittadini del Vecchio Continente, dopo la prima vera crisi della moneta unica scatenata dalla questione del debito greco, risultano critici nei confronti dell’euro, ma non nei confronti dell’Unione, che anzi ritengono possa rafforzarsi.

La leadership mondiale del futuro? Secondo gli europei il ruolo di primo piano contineranno a giocarlo gli americani, i quali invece vedono emergere la Cina. Sono alcuni dei principali risultati dell’indagine “Transatlantic Trends 2010”, presentato ieri contemporaneamente a Washington, Bruxelles e Roma. Il rapporto, giunto alla nona edizione, è un progetto congiunto del German Marshall Fund of the United States e della Compagnia di San Paolo, che sonda l’opinione pubblica negli Usa, in 11 paesi europei (fra cui l’Italia) e in Turchia, sui principali temi dell’agenda internazionale.

Innanzitutto, la popolarità di Obama, riferita alla sua politica estera. L’indagine dello scorso anno evidenziava che il presidente Usa riscuoteva consensi molto più alti del suo predecessore, George Bush, in tutti i paesi, con uno scarto fra i 70 e gli 80 punti percentuali. Tuttavia, c’era la possibilità che questo dipendesse principalmente dal fatto che Obama fosse in carica da poco tempo. Invece, anche quest’anno la popolarità dell’inquilino della Casa Bianca resta alta, intorno al 78% di media in Europa (contro l’83% del 2009).

L’Italia, con il suo 84%, è fra i paesi in cui questo sentimento è più marcato, insieme a Portogallo, 88%, Germania, 87%, e Francia, 82%. Le opinione pubbliche europee con flessioni più marcate, anche superiori al 10%, sono quelle britanniche, olandesi e spagnole.

La diminuzione più significativa si registra in Turchia, al 28% dal precedente 50%. Anche in patria la politica estera dell’attuale amministrazione raccoglie un gradimento maggioritario, al 52%, ma largamente inferiore a quello europeo. Su questo dato pesano le differenze fra democratici e repubblicani, con i primi che appoggiano la politica presidenziale nel 75% dei casi contro il 14% dei secondi. Su specifiche questioni, però, non solo si assottiglia la forbice fra i simpatizzanti dei due partiti, ma sono meno marcate anche le differenze con l’opinione pubblica europea.

In alcuni casi la proporzione si inverte: sull’Afghanistan e sull’Iran per esempio, i consensi europei sono al 49%, quelli americani rispettivamente al 54% e al 52%. In Europa, sono alti i consensi nei confronti delle politiche mirate ad allentare le tensioni in Medio Oriente, 59% (che invece sono poco apprezzate dagli americani, 48%, dovuto soprattutto al 12% dei repubblicani), sui cambiamenti climatici, 61%, e sulle relazioni con la Russia, 65%.

«La popolarità di Barack Obama in Europa offre un certo margine di manovra per rendere più accettabili le sue scelte di policy», afferma Craig Kennedy, presidente del German Marshall Fund, che però in merito alle differenze di opinioni fra Usa ed Europa ritiene che serva un «grande impegno per colmare il vuoto che ancora separa le due sponde dell’Atlantico».

Altro argomento caldo, l’economia, e in particolare la recente crisi del debito greco con tutte le sue implicazioni per l’area della moneta unica. La maggioranza degli intervistati ritiene che l’adozione dell’euro sia stata (o sia destinata ad essere per i paesi che ancora non ne fanno parte) negativa per l’economia nazionale, con punte di negatività in Francia, 60%, Germania e Spagna, 53%. Gli italiani sono divisi: positivi al 47%, negativi al 48%. I più ottimisti sono slovacchi, 64%, e olandesi, 52%.

Ma l’apparteneneza all’Ue è invece ritenuta un punto di forza per l’economia dal 63% degli europei, i quali ritengono nel 57% dei casi che anche crisi come quella recente partita dalla Grecia dovrebbero portare alla costruzione di una Ue più forte. Ne sono particolarmente convinti gli italiani, 76%, molto meno i britannici, 33%.

Il rapporto analizza moltissimi altri temi, per esempio è interessante il caso polacco, il paese più freddo nei confronti degli Usa e più critico sull’Afghanistan. E per la prima volta chiede alle varie opinioni pubbliche quali saranno i paesi che eserciteranno la maggiore leadership mondiale nei prossimi cinque anni. Anche qui, differenze fra Usa ed Europa. Gli europei votano in grande maggioranza, 81%, per gli Usa, seguiti dalla stessa Ue, 75%, e dalla Cina, 68%, mentre credono poco nella Russia, 53%, e ancor meno nell’India, 41%. Fra gli americani, invece, vince la Cina, 91%, seguita dagli Usa, 90%, e dall’Ue, 84%, ma è ben vista anche l’India che con il 74% supera la Russia, al 71%.