L’economia più competitiva del mondo resta quella svizzera, ma la prima sorpresa del 2010 arriva con il secondo posto della Svezia, che scavalca gli Stati Uniti. I quali perdono due posizioni, scendendo al quarto posto, superati anche da Singapore. Quanto all’Italia, mantiene il 48esimo posto dello scorso anno, con il primato negativo di essere l’ultimo fra i paesi del G7 e nella parte bassa della classifica dei 27 membri dell’Ue.
Fra le Bric, l’unica a guadagnare posizioni è la Cina, mentre sono stabili India, Russia e Brasile. Sono i principali risultati dell’annuale classifica della competitività del World Economic Forum, che riguarda 139 paesi del mondo.
La classifica si basa sul Global Competitiveness Index messo a punto dal Wef nel 2004, che si compone di 12 sotto indici che misurano fattori come le infrastrutture, la qualità delle istituzioni, l’ambiente macroeconomico, il livello dell’educazione e della sanità, l’efficienza dei mercati, il loro grado di sviluppo, le tecnologie, la business sophistication, l’innovazione. L’analisi si avvale poi di un serie di Executive Survey, che quest’anno hanno riguardato 13mila500 business leader dei 139 paesi considerati.
Uno dei dati più evidenti riguarda la perdita di posizioni degli Stati Uniti, che escono dal podio. La debolezza delle istituzioni, pubbliche e private, e le preoccupazioni relative al mercato finanziario sono i fattori che maggirmente pesano su questa retrocessione. Si conferma invece l’alto indice di competitività dei paesi del Nord Europa, che al secondo posto svedese sommano il settimo della Finlandia, il nono della Danimarca, il 14esimo della Norvegia. I principali punti di forza della Svezia sono la trasparenza delle istituzioni pubbliche, al primo posto nel mondo, la leadership tecnologica, il secondo posto nell’educazione, la qualità del business e l’innovazione.
I fattori che determinano il primato svizzero sono la cultura del business molto sofisticata, l’innovazione (vanta istituzioni di ricerca scientifica al top del pianeta), eccellenze che vanno dalla trasparenza delle istituzioni al mercato finanziario a quello delle merci, le infrastrutture. Il maggior punto debole è rappresentato dall’appeal non alto dell’istruzione universitaria, 48esima nel mondo. Da sottolineare però l’ottimo scambio fra il mondo accademico e della ricerca e quello produttivo.
Al terzo posto sale Singapore, numero uno in Asia. Altissimo il livello delle istituzioni, al primo posto per efficienza e affidabilità (nel senso di poca corruzione), leadership anche nei mercati dei beni e del lavoro, secondo posto per quelli finanziari. Eccellenti le infrastrutture. Nella top ten anche Germania, quinta, Giappone, sesto, e Canada, decimo.
Per arrivare all’Italia, bisogna scendere parecchi gradini. La Penisola, pur fra le prime 50 economie del mondo, è il fanalino di coda del G7 ed è anche fra le ultime 10 nella speciale classifica dei 27 partners Ue (dietro di noi, Malta, Ungheria, Repubblica Slovacca, Romania, Lettonia, Bulgaria e Grecia, che è 83esima e ha perso 12 posizioni nell’anno della crisi del debito).
L’Italia vanta un buon ambiente di business, 23esimo nel mondo, mentre i principali punti deboli sono individuati nel mercato del lavoro, 118esimo, che è rigido e crea pochi posti, in quello finanziario, 101esimo, nell’ambiente istituzionale, 92esimo, che soffre una percepita mancanza di indipendenza di istituzioni come quelle giudiziarie. L’Italia ha infine problemi legati a un alto livello di corruzione e di crimine organizzato.
La Cina, 27esima, sale di tre posti, grazie soprattutto al miglior posizionamento del mercato finanziario, tradizionalmente un punto debole ma che quest’anno ha scalato 24 posizioni salendo al 57esimo posto. Da sottolineare che Pechino è l’unica fra le quattro Bric ad essere salita nella classifica della competitività, aumentando così la forbice da India, 51esima, Brasile, 58esimo, Russia, 63esima.