Il viral marketing e la potenzialità economica del passaparola

di Simona Tenentini

21 Settembre 2010 08:00

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Una nuova forma di compravendita basata sull'idea di raggiungere il maggior numero possibile di consumatori attraverso il passaparola

L’avvento di Internet ed il moltiplicarsi di strumenti innovativi a disposizione dei consumatori ha portato al proporzionale aumento di forme finore sconosciute di scambi economici.

Una di queste è il viral marketing. Si definisce così quel particolare tipo di strategia non convenzionale basata sulle potenzialità comunicative di determinati mezzi, ad esempio i social network. L’idea è quella di arrivare a trasmettere un messaggio al maggior numero possibile di utenti finali, in modo da incrementare i potenziali acquirenti di uno specifico bene.

Si tratta, in sostanza, della moderna evoluzione dell’antichissimo passa-parola, l’unica differenza è l’intenzione volontaria di raggiungere un fine specifico da parte dei promotori della campagna, cioè il riconoscimento del brand.

L’origine del termine si colloca a metà degli anni ’90 e sta a voler indicare la similitudine con la diffusione esponenziale di un virus. Un tipico esempio di questa singolare forma di marketing, sono le email contenenti storie divertenti o giochi online, che, nel giro di pochi giorni, possono arrivare ad attirare un nutrito numero di visitatori.

Il parere degli esperti rispetto al fenomeno, è molto controverso. C’è chi è fermamente convinto delle potenzialità economiche del viral marketing e chi invece, al contrario, lo stronca in maniera netta e decisa.

Ad onor del vero, bisogna infatti sottolineare come, il più delle volte, ci si trovi di fronte ad eventi temporanei, i cosiddetti Internet meme, che hanno un picco di visite in un determinato periodo e poi perdono progressivamente tutta la loro attrattiva.

Il caso più famoso di viral-marketing può essere considerato, senza dubbio, il sito www.milliondollarhomepage.com di Alex Tew, uno studente inglese che, per pagarsi gli studi universitari, ha messo in vendita, al costo di un euro, lo spazio corrispondente ad un milione di pixel.

Questo, in pratica, il funzionamento dell’home page strutturata da Tew. La pagina principale del sito era stata impostata come un’immagine suddivisa in aree cliccabili quadrate della dimensione di 10×10 pixel, per un totale, appunto, di un milione di pixel. Ogni area acquistata dall’utente diventava poi un link verso il sito dell’inserzionista di cui era possibile vedere lo slogan passando col puntatore del mouse sopra la sua area.

Il sito, lanciato nel 2005, si attestò, in poche settimane al numero 127 per il traffico complessivo generato e si chiuse definitivamente nel gennaio del 2006 totalizzando un incasso di 1.037.100 dollari.

Considerati i pareri controversi, per testare l’effettiva validità di una campagna basata sul viral marketing, l’agenzia di comunicazione Millward Brown, dopo aver visionato 102 spot, ha messo a punto il Creative Viral Protection (Cvp), un test da utilizzare proprio per prevedere il potenziale virale di un’iniziativa.

Esso sarebbe legato, secondo gli autori, a quattro caratteristiche fondamentali: awareness, (riconoscibilità di un marchio e relativa associazione al prodotto) buzz (grado di passaparola legato allo spot), celebrity (grado di conoscenza del prodotto rispetto al target) e distinctiveness (livello di differenza tra il messaggio preso in esame ed altri attigui da diversi punti di vista).