Tempo di settimane della moda e di rinnovo dell’armadio in vista dell’autunno ed anche tempo di moda e digitale dopo il lancio da parte di Zara dello shop online. Il rincorrersi di dati sul successo di questo connubio è continuo: secondo l’Istituto della Moda, nel 2010 la vendite online di abbigliamento hanno superato le vendite nei grandi magazzini e, a dispetto della crisi e delle continue opportunità per cogliere promozioni offline in temporary store, outlet, negozi che propongono saldi fuori stagione, accresce sempre più l’attenzione delle imprese e dei consumatori verso il digitale.
La spiegazione è semplice: il digitale offre alle imprese operanti in questo settore tutti gli strumenti per completare il proprio marketing mix e rendendo non solo non conflittuale il rapporto con il canale fisico, ma al contrario rinverdendolo sotto il profilo della sinergia e del completamento. Sia per le marche sia per gli altri attori collocati più a valle nella filiera.
Il prodotto (“Product”). Da Armani a Roberto Cavalii, da Yoox all’applicazione per iPhone StyleMixer di Gap, l’info-commerce è parte fondante di questo successo perché permette di superare l’iniziale difficoltà del consumatore di avere un’esperienza di contatto esaustiva e soddisfacente con il capo di abbigliamento. Anzi, oggi è possibile abbinarlo ad altri capi ed agli accessori, configurarlo secondo i propri desideri, porre domande al customer care. Il tutto comodamente a casa propria anziché nelle resse dei negozi e degli outlet.
Il prezzo (“Price”). Il digitale moltiplica le opportunità: dall’usato su eBay ai siti di vendite private, dai gruppi di acquisto ai comparatori di prezzo. La Rete disvela l’accessibilità delle marche e abbatte la soglia di timore reverenziale verso le griffe.
La promozione (“Promotion”). Non più per fortuna il solo e vero valore aggiunto della Rete, la promozione è pur sempre un’operazione tattica da perseguire, attraverso i club outlet, il couponing e le sperimentazioni sul mobile (belle le notifiche che Tommy Hilfiger manda quando il prodotto prescelto torna in vendita, dopo essere uscito dallo stock). Tutti teaser molto utili per conquistare nuovi clienti ed iniziare una relazione positiva con loro.
La distribuzione (“Place”). Qui Internet frammenta e rende liquido il punto di contatto fra brand e mercato e rende ancora più importante le politiche di brand awareness ed ancor più di brand reputation. Con l’evolvere delle funzionalità di geo-targeting, si creano – come nel caso di Coin che garantisce sconti a chi fa check-in con Foursquare nei grandi magazzini milanesi – opportunità di sinergia con il punto vendita.
E poi ancora le 3 nuove “P” del marketing che la Rete ha contribuito ad individuare. I “processi” che creano la necessità di una sorvegliata gestione del sito e della logistica per evitare effetti boomerang. Le “persone” sempre più protagoniste seguendo il faro del passaparola che, in un contesto digitale dominato dal social, trova una cassa di risonanza formidabile ed un’opportunità di business ancora tutta da scoprire. Ed infine la “physical evidence” che il manager innovativo deve sempre tenere presente e che, in una prospettiva in cui le fashion blogger possono essere le nuove Anne Wintour, deve saper ascoltare e sfruttare al meglio per costruire un successo online in un settore come la moda che ha nei processi bottom-up il suo naturale fattore critico di successo.